Pane con grani antichi: secondo il CREA non sarebbe più buono degli altri. In una nota stampa del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, sono stati diffusi i risultati di uno studio realizzato da un team di ricercatori del CREA, del centro di Cerealicoltura e Colture industriali.
Da cosa dipendono le caratteristiche fisiche, chimiche ed organolettiche del pane? Quali fattori influenzano la nostra percezione di consumatori? Il pane prodotto con grani antichi è veramente più buono e più salubre di quello prodotto con grani moderni? Sono queste le domande a cui hanno cercato di dare risposta i ricercatori del CREA.
Il team di esperti ha studiato l’interazione fra 4 importanti fattori della panificazione (genotipo di frumento, tecnica di macinazione, agente lievitante e tipo di cottura) e le proprietà chimiche, fisiche e organolettiche del pane, precisandone il ruolo nel determinare sapore ed odore. Ne è emerso che ciò che influenza in maniera decisiva il prodotto finale è il tipo di macinazione (pietra piuttosto che cilindri), seguita dagli altri fattori (varietà impiegata, tipo di lievitazione, cottura).
“Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il genotipo grano antico o grano moderno risulta apprezzabile solo nel determinare l’aspetto e la consistenza della crosta e della mollica – si legge nella nota stampa -. L’agente lievitante (lievito di birra o pasta madre) ha effetto principale sull’alveolatura e sull’odore, mentre la cottura (forno a legna o a gas) ha un ruolo marginale”.
“Sono, quindi, le tecniche di lavorazione della granella e degli impasti a rendere di fatto il pane veramente profumato e gustoso – si legge ancora nel documento -. In tal modo, lo studio CREA, pubblicato sui Scientific Report di Nature, destituisce di fondamento la convinzione che il pane di grani antichi, rispetto a quello di grani moderni, abbia un sapore o un odore migliore”.
Gli studiosi del CREA sono arrivati a questo risultato, dopo avere condotto un esperimento ad hoc, in cui sono state utilizzate due varietà di grano duro: una antica con taglia alta e bassissimo indice di glutine e l’altra moderna con taglia bassa e alto indice di glutine. La granella ottenuta è stata quindi macinata con 2 diverse tecniche, lievitata con 2 diversi agenti e infine è stata cotta in 2 diversi tipi di forno fino ad ottenere 16 tipologie differenti di pani.
Sono stati analizzati gli odori, il contenuto proteico, l’indice di glutine, le ceneri, le fibre solubili e insolubili, il colore, il sapore, la consistenza della mollica, l’alveolatura, insieme ad una valutazione sensoriale dei pani.
“Tale studio – concludono dal CREA – potrebbe avere ricadute dirette per l’industria di trasformazione (panifici, pastifici, industria dei dolci) consentendo lo sviluppo di nuovi prodotti con caratteristiche sensoriali ben precise ma soprattutto offre al consumatore un strumento per operare delle scelte più consapevoli e, magari anche economicamente più convenienti, sottraendosi all’influenza di mode alimentari spesso dettate da disinformazione”.
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