Una piccola giapponese innamorata dell’Italia. E del maestro e marito scultore che lei, poco più che ventenne, a fine Ottocento, seguì in Sicilia, dall’altra parte del mondo. La storia di O’Tama Kiyohara è affascinante e quanto mai straordinaria: pittrice raffinatissima, seppe miscelare il tratto sognante del suo rigido Paese alla cultura europea che prestava orecchio all’Impressionismo e al Vedutismo. O’Tama visse in Sicilia per 51 anni, lavorando e affermandosi come artista al fianco del marito, lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa.
“O’Tama e Vincenzo Ragusa. Un ponte tra Tokyo e Palermo”, prima antologica a cura di Maria Antonietta Spadaro si apre a Palermo, Palazzo Sant’Elia, venerdì 12 maggio alle 18, nell’ambito della Settimana delle Culture, e resterà visitabile fino al 28 luglio.
Durante l’inaugurazione, l’artista giapponese Setsuko si esibirà in una performance dedicata alla pittrice e allo scultore.
La mostra, organizzata dalla Fondazione Sant’Elia, è divisa in più sezioni e presenta la più completa raccolta di opere dell’artista giapponese, provenienti da circa 70 diverse collezioni, in gran parte private, e da prestiti di musei e gallerie. Le sezioni – O’Tama: dal grafismo sintetico giapponese al naturalismo occidentale; Passione per la natura; Il ritratto; Scene di genere; Sentimento del sacro; Suggestioni d’oriente; Il Paesaggio; Decorazioni d’interni; Arte applicata; Allievi di O’Tama Ragusa; Vincenzo Ragusa; La Scuola Officina Artistico Industriale di Vincenzo Ragusa; Giapponismo – raccontano una Palermo effervescente e dinamica: una città dove il Liberty ispira e fa rifiorire arti e architetture urbanistiche, imprenditori e artisti dialogano con le principali capitali europee e si guarda con interesse e curiosità all’Oriente.
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