Ultimi due giorni de Le Vie dei Tesori, ultime occasioni per visitare oltre cento luoghi di arte, scienza e natura. Questa volta il consiglio è di non perdere le chiese più nascoste, le cappelle che aprono spesso soltanto in questa occasione, ma che magari nascondono tesori enormi, pressoché sconosciuti.
Come Santa Maria dell’Itria, più conosciuta come La Pinta, perché qui fu recitata nel 1562 “La creazione del mondo” del monaco Teofilo Folengo, chiamata “L’Atto della Pinta”, la prima rappresentazione sacra di cui si abbia notizia in Sicilia. Un vero e proprio gioiello barocco che si mostra finalmente, dopo un lungo restauro; e che prende il nome dalla preesistente chiesetta di epoca bizantina, che era dipinta (da qui il nome La Pinta).
Nel 1648, per ordine del cardinale Trivulzio, l’antica chiesa, con Santa Barbara la Soprana e San Giovanni la Calca, fu abbattuta per fare posto a due grossi bastioni posti a difesa del Palazzo Reale. Così l’Arciconfraternita della Pinta si spostò nel 1662 a santa Maria dell’Itria, ambiente a navata unica con quattro cappelle laterali, abbellite da stucchi eleganti di Giuseppe Serpotta. La Pinta è soltanto una delle chiesette nascoste che il festival riscopre, inserendole in un itinerario virtuoso e curioso. Come la semisconosciuta sede della confraternita degli staffieri, cioè coloro che aiutavano i cavalieri a montare in sella reggendo la staffa. La confraternita, nata nel 1699, attese fino al 1701 per realizzare una chiesa più grande sopra quella già esistente, trasformata nell’attuale cripta.
La chiesetta dell’Angelo Custode (in via dei Carrettieri, all’angolo con via Matteo Bonello) è un esempio di architettura post-barocca, con rampe di scale, stucchi e quadri del ‘700, una cantoria in legno, all’ingresso, tra rococò e neoclassico, e un bel crocifisso di legno e cartapesta. Sono tutte e due aperte sabato e domenica dalle 10 alle 17,30. Poco distante, anzi vicinissima, alle spalle della cattedrale, è invece la seicentesca (e splendida) chiesa della Madonna di Monte Uliveto, conosciuta da tutti come la Badia Nuova, opera di Mariano Smiriglio: all’interno stucchi a cui Giacomo Serpotta lavorò con il fratello Giuseppe, affreschi di Pietro Novelli, Gioacchino Martorana e Giuseppe Patania.
Aperta sabato e domenica dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18,30. Camminando per Ballarò, si intravede invece una cupola smaltata di maioliche, chiaro esempio dell’estroso barocco siciliano: è la chiesa del Carmine Maggiore, costruita dai Carmelitani alla fine del XII secolo, distrutta e ricostruita nella prima metà del 1600 su progetto dell’onnipresente Mariano Smiriglio. Ha quattro coppie di colonne scanalate di pietra intramezzati da quattro Atlanti che reggono la cupola: l’effetto è straordinario, un vero museo della scultura classica. All’interno della chiesa a tre navate, l’acquasantiera e le statue gaginesche, altri stucchi dei fratelli Serpotta, e la “Vergine del Carmelo con Sant’Andrea Corsini” dipinta da Pietro Novelli. Solo oggi (venerdì) e domani dalle 11 alle 17,30.
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