Palermo, la popolazione invecchia ma aumenta il grado d’istruzione

La popolazione residente a Palermo rilevata al Censimento permanente del 2019 è pari a 647.422 abitanti, di cui 309.030 di sesso maschile e 338.392 di sesso femminile.

Rispetto al Censimento permanente del 2018 si è registrata una diminuzione di 5.298 unità, pari allo 0,8%, e rispetto al Censimento del 2011 una diminuzione di 10.139 unità, pari all’1,5%. Andando ancora più indietro nel tempo, si rileva che nel 1971 i residenti a Palermo erano 642.814, cresciuti fino a oltre 700 mila nel 1981 (701.782, +9,2%).

Nel 1991 l’ammontare della popolazione è rimasto sostanzialmente stabile, appena sotto quota 700 mila (698.556, -0,5%). Nel 2001 la popolazione residente si è fermata a 686.722 abitanti, con una diminuzione dell’1,7%, e nel 2011 a 657.561, con una diminuzione del 4,2%.

Nel 2019 il 14,2% della popolazione residente aveva un’età compresa fra 0 e 14 anni, il 16,6% fra 15 e 29 anni, il 18,8% fra 30 e 44 anni, il 29,2% fra 45 e 64 anni, e il 21,2% un’età pari o superiore ai 65 anni. Dal 1971 al 2019 si è registrato un progressivo invecchiamento della popolazione: i ragazzi (0-14 anni) si sono più che dimezzati, passando da 186.676 (pari al 29% del totale) nel 1971 a 91,641 (pari al 14,2%) nel 2019, mentre gli anziani (65 anni e più) sono più che raddoppiati, passando da 58.105 (pari al 9%) nel 1971 a 137.447 (pari al 21,2%) nel 2019.

Le sensibili modifiche della struttura per età della popolazione hanno determinato forti variazioni in alcuni indicatori demografici, quali l’indice di dipendenza strutturale, l’indice di vecchiaia e l’indice di ricambio generazionale.

L’indice di dipendenza strutturale dei giovani, dato dal rapporto fra la popolazione di età compresa fra 0 e 14 anni e la popolazione di età compresa fra15 e 64 anni, che nel 1971 era pari a 46,9 (ovvero vi erano 46,9 ragazzi ogni 100 persone in età lavorativa), nel 1981 è sceso a 41,1, nel 1991 a 31,3, nel 2001 a 25,8, nel 2011 a 22,2, e infine nel 2019 a 21,9, meno della metà del valore iniziale.

Per converso, l’indice di dipendenza strutturale degli anziani, dato dal rapporto fra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di età compresa fra15 e 64 anni, nel 1971 era pari a 14,6, e nei Censimenti successivi è via via cresciuto fino ad arrivare a 32,9, più del doppio del valore del 1971.

L’indice di vecchiaia, dato dal rapporto fra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di età compresa fra 0 e 14 anni, nel periodo in esame si è quasi quintuplicato, passando da 31,1 anziani ogni 100 ragazzi nel 1971 a 150,0 anziani ogni 100 ragazzi nel 2019. L’indice di ricambio generazionale, dato dal rapporto fra la popolazione di età compresa fra 0 e 14 anni e la popolazione di 65 anni e più, nel 2019 si è ridotto a un quinto del valore registrato nel 1971, passando da 321,3 a 66,7 ragazzi ogni 100 anziani.

I dati relativi alla popolazione residente per titolo di studio (popolazione di sei anni e più fino al 2011, di nove anni e più dal 2018) mettono in luce un progressivo innalzamento del livello di istruzione. Nel 1971 i laureati erano 20.613, pari al 3,6% del totale; i diplomati 51.479, pari al 9,1%; le persone con licenza media inferiore 84.776, pari al 14,9%; le persone con licenza elementare 206.324, pari al 36,4%; gli alfabeti senza titolo di studio 163.155, pari al 28,8%, gli analfabeti 41.073, pari al 7,2%. In altri termini, quasi nove residenti su dieci non arrivavano al diploma.

Nel 2019, dopo quasi cinquant’anni, i laureati sono 90.827, pari al 15,3% del totale; i diplomati 181.576, pari al 30,5%; le persone con licenza media inferiore 193.196, pari al 32,5%; le persone con licenza elementare 98.808, pari al 16,6%; gli alfabeti senza titolo di studio 25,226, pari al 4,2%, gli analfabeti 5.621, pari allo 0,9%. In altri termini, le persone che non arrivano al diploma sono scese da quasi nove a meno di sei su dieci.

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