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di redazione
Palermo, 6 nov. – Un call center con venti giovani che lavoravano tutti in nero, è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Palermo nell’ambito di controlli mirati in materia di normativa previdenziale e assistenziale. I giovani, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, erano tutti neodiplomati e neolaureati e, pertanto, alla prima esperienza lavorativa. Gli accertamenti effettuati sul posto dai finanzieri hanno permesso di appurare che tutti i giovani presenti, retribuiti con 250 euro mensili ciascuno, non avevano mai ricevuto una lettera di assunzione nè sottoscritto un regolare contratto di lavoro, ma si erano semplicemente limitati a firmare quietanze di pagamento nelle quali mensilmente era indicato l’importo netto del loro ‘stipendio’, sulla base delle ore effettuate davanti a un computer, con cuffie collegate a una postazione telefonica. Per tre di loro, l’effettivo lavoro subordinato era stato simulato come rapporto di collaborazione occasionale, mediante l’accensione di una propria partita iva e l’emissione di fatture riepilogative delle prestazioni di ‘teleselling’, aventi a oggetto la promozione di contratti di telefonia mobile e fissa, che in realtà camuffavano un attività lavorativa in tutto e per tutto di natura dipendente. In questo modo l’azienda, grazie al risparmio di parecchie migliaia di euro sui contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge, nonchè sullo stipendio erogato ai giovani, al di sotto dei contratti collettivi di settore, è riuscita a ottenere importanti contratti con grandi aziende operanti nel settore delle telecomunicazioni, ovviamente ignare delle condotte del call center. Quest’ultimo è stato segnalato alla Direzione Territoriale del Lavoro del capoluogo siciliano per l’avvio della procedura finalizzata alla sospensione dell’attività imprenditoriale, per aver impiegato il 100% della forza lavoro in nero. Adesso le Fiamme Gialle stanno esaminando nei dettagli la contabilità dell’azienda, sia per la contestazione delle pesanti sanzioni amministrative previste dalle disposizioni vigenti – che nel caso specifico vanno da un minimo di 500mila euro a un massimo di 1 milione e 700 mila euro – sia per la ricostruzione dei ricavi sottratti al fisco negli ultimi periodi d’imposta.
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