Pacifismo all’italiana: lo Sviluppo Economico finanzia l’industria delle armi
Abbiamo al governo una classe politica cresciuta a pane e pacifismo, tra marce e slogan, eppure investiamo in armamenti militari qualcosa come 13 miliardi di euro in tre anni, oltre agli interventi finanziati dal Ministero per lo Sviluppo Economico, che destina circa 2,5 miliardi di euro all’anno a programmi militari.
E non mettiamo nel conto i costi per il personale delle Forze Armate che ammontano ad oltre dieci miliardi di euro all’anno.
Queste incredibili cifre vengono fuori dal DPP (Documento Programmatico Pluriennale) del Ministero della Difesa che ci spiega, senza ombra di dubbio, che il settore degli armamenti viene considerato strategico per la nostra economia e gli investimenti sono ben più consistenti rispetto, per esempio, al turismo dove l’enorme patrimonio, paesaggistico, archeologico ed architettonico non viene adeguatamente supportato con le necessarie risorse.
E non sono soltanto i contestati aerei da combattimento F35 a far lievitare la spesa: compriamo infatti anche navi da guerra, elicotteri, carri armati, missili e armi leggere di ultima generazione: ovviamente siccome la programmazione non è il nostro forte, una parte di questi armamenti rimane nei depositi, perché mancano i soldi per l’utilizzo e la manutenzione: è il caso della super moderna portaerei Cavour che passa il suo tempo in rada perché il consumo a pieno regime è di 25 mila litri di carburante per ora di navigazione.
Ma anche l’ordinaria amministrazione viene finanziata con spese fuori budget, provenienti dal finanziamento delle missioni all’estero (900 milioni allocati presso il Ministero dell’Economia) che si aggiunge alle cifre riportate.
Anche la struttura del personale riflette la tendenza del “Todos Caballeros” che ben ci rappresenta: ufficiali e sottufficiali (92 mila) sono più dei soldati a disposizione (82 mila).
Fanno riflettere anche gli stanziamenti del Ministero per lo Sviluppo Economico per i programmi militari: 513 milioni per le fregate classe Fremm, 235 milioni al programma ForzaNEC per la digitalizzazione delle forze armate, 176 milioni per la flotta da guerra della Marina, 170 milioni per gli elicotteri Hh101, 138 milioni per i caccia da addestramento M346); 768 milioni per i cacciabombardieri Eurofighter, 317 milioni per i carri armati ruotati Freccia.
Insomma giocare alla guerra piace a tutti i governi di destra e di sinistra e se per restituire i soldi illegittimamente trattenuti ai pensionati, si procede con i piedi di piombo escludendo chi riceve la favolosa somma di duemila euro netti al mese, quando si tratta di spese militari le risorse si trovano, in silenzio e con discrezione, per non mettere a rischio la sicurezza nazionale (o, più probabilmente, per non scoprire gli altarini delle potentissime lobby degli armamenti).