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di redazione
Nuovi sviluppi dell’operazione “Dark Truck” della guardia di finanza di Palermo che nel marzo scorso aveva portato al sequestro di beni fino a un valore complessivo di 62 milioni di euro e di cinque cooperative di trasporto merci su strada. Le cooperative erano di fatto i terminali di una organizzazione criminale che, oltre ad avere emesso fatture per operazioni inesistenti per circa 120 milioni di euro al fine di consentire ad altre imprese di gonfiare falsamente i costi d’esercizio, forniva uno schermo giuridico a numerosi autotrasportatori. L’inchiesta della Procura di Palermo e del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza del capoluogo siciliano, si è ora estesa agli imprenditori che hanno fraudolentemente abbattuto il carico tributario grazie alla contabilizzazione delle false fatture emesse dalle cooperative fantasma. Questa seconda fase dell’indagine ha coinvolto alcune imprese, che, sottoposte a verifiche fiscali, sono risultate nel complesso aver illecitamente dedotto costi fittizi per circa 15 milioni di euro e detratto illecitamente Iva per 3 milioni di euro. Gli imprenditori sono stati segnalati tutti alla Procura che ha provveduto – d’urgenza – a disporre il sequestro preventivo in misura equivalente alle imposte evase dei beni nella disponibilità delle prime quattro società segnalate, per un ammontare complessivo di circa 2,6 milioni di euro; il provvedimento cautelare è stato convalidato dal gip del Tribunale di Palermo. Nel dettaglio, la misura preventiva eseguita dai finanzieri ha portato al sequestro di 9 immobili, di cui un capannone ad uso commerciale, disponibilità finanziarie per circa 270.000 Euro, oltre a quote di partecipazione in società di capitali. Altro filone investigativo in corso di approfondimento nell’ambito dell’operazione ‘Dark Truck’, riguarda la verifica della correttezza delle procedure di certificazione della regolarità contributiva delle imprese coinvolte, tenuto conto che le cooperative poi sequestrate disponevano di Documenti Unici di Regolarità Contributiva (DURC), nonostante avessero operato nel più completo dispregio delle norme fiscali, compensando ogni sorta di debito erariale con crediti d’imposta inesistenti. Nella prima fase dell’indagine era inoltre emerso che tra i maggiori clienti delle cooperative erano comprese diverse aziende successivamente sequestrate perché nella disponibilità di affiliati a ‘Cosa Nostra’ o comunque partecipate o amministrate di fatto da soggetti in odor di mafia, oltre che fatture false registrate dalle cooperative come fittizi costi d’esercizio, emesse per diversi milioni di euro, da distributori di carburante poi sequestrati perché nella diretta disponibilità dei boss Graviano.
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