Omicidio Loris Stival, udienza d’appello per Veronica Panarello

Omicidio Loris Stival, inizia l’udienza d’appello. E’ iniziata a Catania, davanti la Corte d’assise d’appello, la terza udienza del processo a Veronica Panarello, condannata per l’omicidio del figlio Loris, di 8 anni, e per l’occultamento del cadavere. La Panarello, condannata  il 17 ottobre del 2016 a 30 anni di reclusione dal Gup di Ragusa, è presente in aula.

Omicidio Loris, processo a porte chiuse

Il delitto avvenne nella loro casa di Santa Croce Camerina il 29 novembre del 2014, con il ragazzino strangolato con fascette di plastica. Per l’accusa in aula c’è il sostituto Procuratore generale Maria Aschettino per concludere la requisitoria iniziata la scorsa udienza col Pm Marco Rota.

In aula per la difesa è presente l’avvocato Francesco Villardita, e per le parti civili gli avvocati Daniele Scrofani, che assiste il marito dell’imputata, Davide Stival e il loro figlio minorenne, e l’avvocato Francesco Biazzo, che rappresenta il nonno paterno di Loris, Andrea Stival. Il procedimento si celebra a porte chiuse.

Omicidio Loris, rigettata la richiesta di arresti domiciliari

Risale allo scorso febbraio la decisione del Gup Andrea Reale, di rigettare la richiesta di arresti domiciliari, avanzata dall’avvocato Francesco Villardita, ritenendo che “permangono i pericoli di fuga e di reiterazione del reato”. Condannata a 30 anni di reclusione, in primo grado, con l’accusa di avere ucciso, il 29 novembre 2014, il figlio Loris, di 8 anni, e di averne poi occultato il cadavere, la donna potrebbe infatti “fuggire o tornare a commettere un delitto della stessa specie per cui si procede”.

Secondo il giudice “rimane attualissimo” il “concreto pericolo che l’ imputata possa commettere gravi delitti con uso di mezzi di violenza personale” e “della stessa specie di quelli per cui si procede”, alla luce, motiva il Gup, “delle modalità del fatto – di una gravità estrema trattandosi dell’omicidio del figlio di 8 anni con inusitata brutalità – e dell’intensità del dolo manifestato dalla donna nella concreta esecuzione dei reati”.