ROMA (ITALPRESS) – “In Italia c’è ancora molta strada da percorrere per colmare il Gender gap sia occupazionale che salariale. Nel nostro Paese lavorano più uomini che donne: l’occupazione femminile è il 18% in meno rispetto a quella maschile: il 67% dei lavoratori è uomo e il 49% è donna. Nel 2020, anno più difficile per il Covid-19, il calo dell’occupazione senza precedenti ha colpito maggiormente le donne: su un totale di 470mila posti di lavoro persi, 275 mila sono di donne ovvero una quota superiore del 58% rispetto agli uomini. A livello retributivo la situazione non migliora: gli uomini percepiscono uno stipendio mediamente più alto dell’8% rispetto a quelli delle donne”. Così Alessandra Mingozzi, Partner di PwC Italia, intervenuta commentando i dati dell’Ufficio Studi della stessa azienda.
“Guardando ai ruoli ricoperti in azienda, l’Italia insieme a Cipro è il fanalino di coda nella classifica europea: solo il 28% dei manager è donna. A livello europeo la percentuale di donne in posizioni manageriali non supera il 50% in nessuno degli Stati membri. Complessivamente nel 2019 soltanto un terzo dei manager dell’Unione Europea erano donne”, aggiunge.
L’Italia si colloca attualmente al 14mo posto nella classifica del Gender Equality Index, stilata dall’European Institute for Gender Equality (EIGE), con un punteggio di 63,5 punti su 100, inferiore di 4,4 punti alla media UE. In Italia una donna percepisce una retribuzione mediana netta pari a 1.367 euro, ovvero di 110 euro in meno rispetto a un uomo (1.477 euro).
“A livello retributivo – commenta Alessandra Mingozzi, Partner di PwC Italia – il Gender gap sebbene colpisca tutti i livelli, è molto più penalizzante per le donne in posizioni apicali. I dati INPS purtroppo ci confermano che una donna dirigente in Italia percepisce in media 2.300 euro in meno al mese rispetto ad un suo collega di sesso maschile. E le differenze permangono su tutti i livelli, lo stipendio mensile delle donne è inferiore rispetto a quello degli uomini: di 700 euro per le donne a livello di “quadro”, 800 euro per le impiegate, 600 euro per le operaie e 160 euro per le apprendiste”.
Questi dati allarmanti – conclude – ci fanno riflettere sulla necessità e urgenza di ridurre i divari occupazionali e retributivi con l’adozione di una strategia da parte delle aziende italiane mirata all’inclusione, supportata da piani d’azione specifici che mettano al centro le donne, valorizzandone la professionalità e garantendone la parità di trattamento sia di carriera che economico. Per invertire la tendenza che vede le donne in netto svantaggio sul piano lavorativo rispetto agli uomini, un segnale importante arriva dalle istituzioni: nel PNRR sono infatti stati stanziati circa 40 miliardi di euro, volti a sostenere l’occupazione femminile che, stando agli obiettivi del Piano, entro il 2026 dovrebbe aumentare di 4 punti percentuali. Nello specifico l’occupazione femminile dovrebbe salire, sempre entro il 2026, nel Mezzogiorno del +5,5%, mentre quella giovanile del +3,2%. Ci auguriamo che la ripartenza italiana metta al centro del sistema le donne”.
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