Non una di meno Palermo. Migliaia di donne, ma non solo, si sono ritrovate davanti il teatro Politeama di Palermo ieri pomeriggio per manifestare contro la violenza sulle donne, non soltanto quella fisica, ma contro ogni tipo di violenza.
Ormai le donne occupano posizioni di rilievo in diversi campi professionali e istituzionali, non mancano, tuttavia, altre forme di violenza come gli stereotipi o talune discriminazioni che non sono più accettabili in una società moderna.
“Oggi le donne di Palermo hanno deciso di scendere in piazza contro la violenza sulle donne, perché siamo stanche di accettare ancora violenze e discriminazioni”, ci ha detto Roberta Ferruggia di Non una di meno Palermo e studentessa dell’Accademia di belle arti del capoluogo siciliano.
“Vogliamo dare un messaggio di forza, di lotta collettiva, abbiamo scelto appositamente la parola rivolta, perché vogliamo sovvertire lo stato di cose presenti.”
“Noi stiamo portando avanti un lavoro d’inchiesta”, continua la giovane studentessa palermitana, “una ricerca relativa ai consultori presenti sul territorio siciliano, e stiamo raccogliendo il numero delle strutture presenti, con lo scopo di aprire un tavolo di trattativa e una discussione con la Regione, visto che attualmente in Sicilia stiamo assistendo allo smantellamento dei consultori, al definanziamento dei centri anti-violenza, tutti luoghi creati dalle donne per le donne ed è impensabile in una terra dove il numero dei femminicidi diventa sempre più alto”.
“Quasi ogni donna ha subito nella sua vita una qualche forma di violenza, economica, mediatica o dialettico.”conclude Roberta.
Dopo il sit-in a piazza Politeama, le donne e gli uomini di Non una di meno hanno sfilato in corteo lungo corso Ruggero Settimo, via Maqueda per finire in piazza Pretoria.
Sullo striscione di apertura la scritta “Siamo rivolta!” un monito per chi ancora sottovaluta la forza delle donne e che sottende un processo di trasformazione della società che vuole cambiare.
“Il corpo è mio e lo gestisco io” uno fra gli slogan che con forza si è levato dal lungo serpentone che ha percorso il centro storico di Palermo.
Ormai da anni donne di tutte le età sono nelle piazze e nelle strade della nostra città a ribadire che i femminicidi sono la punta di un iceberg fatto di oppressione. La violenza maschile esiste nel privato delle case, ma pervade ogni ambito della società e diventa sempre più strumento politico di dominio producendo solitudine, disuguaglianze e sfruttamento.
“Esiste infatti una violenza pubblica, che legittima quella privata, che passa per il sabotaggio sistematico della libertà di scelta delle donne che, nella nostra terra, si realizza non solo attraverso l’obiezione di coscienza (che in Sicilia raggiunge l’ 89%) ma anche tramite altri dispositivi come le scelte protocollari dell’Agenzia per il Farmaco che limitano fortemente la somministrazione della pillola abortiva RU486 e stabiliscono la non rimborsabilità della contraccezione, così come la recente esclusione della pillola del giorno dopo dai farmaci obbligatori nelle farmacie”, spiega ancora Roberta Ferruggia di Non una di meno Palermo.
La lotta è rivolta anche alla violenza mediatica: “Gigante buono”, “amore non corrisposto”, “raptus di follia”, così il giornalismo e i media trasformano l’ennesimo femminicidio in una soap di sangue e passione. Un racconto volto a criminalizzare la donna ed empatizzare con il carnefice.
A questa narrazione che negli spot rappresenta le donne sole, sempre livide e rannicchiate il movimento ne sta costruendo un’altra di donne forti, capaci di autodeterminarsi e di reagire. Donne solidali che insieme si organizzano come hanno fatto ieri nelle piazze siciliane di Palermo e Messina, nella piazza di Roma e in tutte le piazze del mondo invase dalle donne che lottano.
Durante il corteo, Paula una donna cilena da tre mesi a Palermo, ha voluto ricordare Daniela Carrasco, detta El Mimo, l’attivista e artista di strada cilena trovata impiccata un mese fa ad una recinzione di un parco di Santiago, che, secondo il collettivo Ni Una Menos, è stata fermata dai militari e torturata fino alla morte. La morte della 36enne, ha suscitato indignazione e commozione sui social di tutto il mondo.
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