“Non è colpa mia”, lo spregiudicato e sensuale esordio pop di Paola Russo
Una voce d’altri tempi, potente e grintosa, sonorità anni 80 per ritmi pop spregiudicati e vivaci. Cantante virtuosa, dal timbro cristallino, alto e vibrante interpreta a suo modo la complessità delle relazioni in una canzone energica e dissacrante, estremamente sensuale, che racconta il gioco di sguardi, azioni, mosse tra chi desidera e chi è desiderato. Parliamo di Paola Russo, artista siciliana che irrompe sulla scena pop con “Non è colpa mia“, brano che per suoni, carisma e vocalità ricorda le sonorità di Nada, Donatella Rettore e la conterranea Giuni Russo ed è frutto di un intenso studio, durato quasi un anno insieme ai produttori Fabio Rizzo e Donato Di Trapani del team di Indigo, già a lavoro con Nicolò Carnesi, Dimartino, Alessio Bondì e altri.
Il singolo precede l’album, che uscirà a settembre: una collezione di storie, in un continuo rimbalzo tra quotidiano e surreale. Il video di “Non è colpa mia”, curato dal giovane regista palermitano Andrea Nocifora e realizzato con la produzione di Indigo Music, è un gioco psichedelico di forme, doppi, specchi e caleidoscopi, che descrive visivamente una doppia identità, un po’ tenebrosa eppure coloratissima.
Paola, “Non è colpa mia” è un perfetto esempio di Synth-Pop dagli echi New-Wave. Quando ti sei avvicinata a questo genere musicale?
«Mi è sempre piaciuto il sound di Battiato che nella musica italiana rappresenta l’esempio più esplicito di questo genere, per me è sempre stato un Maestro. Crescendo ho anche ascoltato molto i Depeche Mode e altri artisti inglesi che hanno lasciato in me qualcosa delle emozioni speciali che negli anni avevo un po’ lasciato a prendere polvere. Nel momento in cui mi sono avvicinata alla scrittura dei pezzi e al mix quelle sensazioni sono venute di nuovo fuori, in modo spontaneo e sorprendente.
Gli anni 80’ e 90’ , il cantautorato, le icone femminili di quegli anni e gli ascolti quasi primordiali che facevo da ragazzina sono emersi in modo assolutamente inaspettato. Eppure trovo che questi spunti dialoghino benissimo con la contemporaneità e con un ritorno estetico che guarda indietro, verso periodi forse più felici o più sicuri, mi piace l’idea di cercare rifugio in un’epoca in cui tutto forse era più semplice o banalmente ci sembrava più semplice perché avevamo un’età diversa».
Volendo descrivere meglio la dualità di cui parli nel singolo, come ti definiresti?
«In psicologia l’incapacità di restare convinti e consapevoli nelle scelte importanti della propria vita e l’incapacità di scegliere sono due fattori identificativi delle personalità borderline, lo dico da terapeuta che ha abbandonato l’idea di poter svolgere questa professione per dedicarmi totalmente alla musica. Quando in “Non è colpa mia” parlo di dualità parlo esattamente di questa cosa qui: dell’incapacità di compiere una scelta affettiva. Dell’impossibilità di comprendere se voglio davvero una relazione oppure no. Credo sia una dinamica più diffusa di quanto si pensi… ci sono molte persone che sono eternamente indecise su quello che vogliono rispetto ad un rapporto di coppia».
La tua è una femminilità androgina, estremamente raffinata. Ci racconti il percorso che ti ha portato a scegliere uno stile minimal, in controtendenza con quanto ritroviamo nel panorama musicale italiano.
«Le icone dello stile a cui mi ispiro sono Nada, Anna Oxa, La Rettore. Donne che hanno saputo essere anche molto eccessive eppure allo stesso tempo iper raffinate. Credo che gli anni ’80 da questo punto di vista rappresentino nella moda l’apice dell’eccesso senza mai però arrivare al cattivo gusto, che in più casi mi sembra contraddistingua l’epoca che viviamo adesso. Quando si arriva a portare in passerella delle teste mozzate in silicone, come fatto in questa ultima stagione da un noto brand del lusso italiano, mi chiedo come si è arrivati a questo punto.
Allora preferisco guardarmi indietro e abbinare delle ispirazioni pop 80’ al minimalismo di gusto un po’ giapponese che è la mia personale “vera scoperta” degli ultimi anni in fatto di moda. Credo che gli stilisti asiatici, e giapponesi in particolare, interpretino la donna in modo molto più contemporaneo e “reale” di tanti altri. Il mio stile “minimal” nasce da esigenze di praticità ma anche da un gusto che ho affinato nel tempo. Non amo in maniera particolare i colori e preferisco giocare con gli opposti, tra tagli sartoriali maschili e linee più ampie che connotano i miei tratti di femminilità. Adoro le giacche, dritte e pulite sulle spalle e preferisco il classico bianco e nero a fantasie troppo eccessive e colorate. Allo specchio il mio mantra è “less is more!”».
Tra qualche mese potremo ascoltare il nuovo album. Cosa puoi anticiparci?
«Il lavoro uscirà a settembre, comprende brani abbastanza diversi tra loro accomunati da una cifra estetica che rimane abbastanza fedele alla linea del singolo con riferimenti 80’-90’ e tutta l’eleganza dei Sinth, a cui sono molto affezionata. Sarà una gioiosa esplosione di parti di me. Racconto storie di vita vissuta in modo a volte scanzonato a volte più riflessivo. Ci sarà una ballad molto romantica dedicata ad una persona speciale, un pezzo super ballabile, un altro che ricorda il cantautorato alla Gaber ma ispirato ai ritmi di Max Gazzè, altro artista fondamentale per la mia crescita musicale. Insomma, conoscerete molte sfaccettature della mia complessa personalità ascoltando questo lavoro».