Nomina di Demontis a Procuratore aggiunto di Palermo. E’ arrivata la sentenza Tar del Lazio con una sentenza con la quale è stato respinto un ricorso proposto dal Sostituto procuratore Francesca Mazzocco in merito alla illegittimità nella nomina di Sergio Demontis a Procuratore aggiunto di Palermo.
Nel settembre 2018, il Csm approvò la proposta di conferimento a Demontis di uno dei quattro uffici semi-direttivi di Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Palermo pubblicati nel 2016.
Demontis era stato già prescelto per l’assegnazione nel 2017, ma la nomina era stata impugnata dal Sostituto procuratore Francesca Mazzocco, ma annullata dal Tar per difetto nella motivazione e nel giudizio di comparazione tra i candidati.
Il 2 settembre 2018, però, il Csm, dopo una nuova comparazione tra tutti i candidati, giunse allo stesso esito. Di qui, il nuovo ricorso.
Il Tar ha ritenuto infondata la tesi della ricorrente secondo la quale la Commissione che ha riesaminato la pratica in seguito all’annullamento della delibera da parte del tribunale si è riunita nella medesima composizione nella quale aveva deliberato l’originario conferimento dell’incarico.
“La Commissione referente non ha potere deliberativo, ma solo istruttorio e di proposta. Il potere deliberativo è riservato esclusivamente al Plenum del Consiglio, l’unico a poter esprimere la volontà del Consiglio all’esterno, uniformandosi o discostandosi dalla proposta di conferimento della Commissione. Pertanto la composizione della Commissione non è idonea ad inficiare la legittimità della delibera del Plenum, che con propria autonoma determinazione ha approvato la nomina”.
Sul tema della ritenuta violazione della precedente sentenza, poi, per i giudici tutto è stato regolare. Infine, riguardo la parte del ricorso con il quale è stato censurato il nucleo essenziale della comparazione operata dal Csm, il Tar ha ricordato come “per consolidata giurisprudenza, nel conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi il Csm gode di un ampio margine di apprezzamento che è sindacabile, in sede di legittimità, solo se inficiato per irragionevolezza, omissione o travisamento dei fatti, arbitrarietà o difetto di motivazione”; e lo stesso è giunto “ad un giudizio di prevalenza sulla base di valutazioni discrezionali che non presentano aspetti di illogicità e risultano correttamente ancorate all’analisi dell’attività svolta e delle funzioni di rilievo organizzativo espletate”.
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