Food

Nei ristoranti il “Novel Food”, la sfida arriva sulle tavole italiane

Nei fast food l’utilizzo di larve, cavallette e insetti simili per i burger e le polpette. Presto le nuove pietanze provenienti in particolare da Asia, America Latina e Africa potranno trovare spazio nei menù dei ristoranti italiani, quando diventeranno operative in Europa una serie di norme approvate nel novembre 2015 sul regolamento del “novel food”.

La prima è stata la Svizzera a sdoganare nei fast food l’utilizzo di insetti vari. Da un inizio pieno di incertezze il “novel food” sta prendendo sempre più piede.

I nuovi alimenti, infatti, non solo insetti, ma, anche, verdure e spezie, sono diventati per alcuni una moda, tanto che la Società Umanitaria di Milano ha calcolato che quasi la metà degli italiani sarebbe favorevole alla loro introduzione nelle nostre tavole. Alla base di questi processi innovativi nell’alimentazione, troviamo obiettivi più nobili, come spiega Marinella Trovato, segretario generale di Siste (Società Italiana di scienze applicate alla piante officinali e ai prodotti per la salute), fondata nel 2001.

La sfida di Siste

“La sfida è quella di nutrire il maggior numero di persone utilizzando gli alimenti che abbiano le più alte capacità nutritive, cercando di distribuire questo tipo di alimentazione anche alle popolazioni che in questo momento hanno dei problemi dal punto di vista nutrizionale. Quindi cercare di fare in modo che, la globalizzazione, anche in termini di alimenti, possa essere la più equa e solidale possibile, cercando di coprire tutti i fabbisogni”.

Aggiunge la Trovato: “Se poi dietro ci sia un po’ di moda o di suggestione rispetto all’utilizzo di alimenti esotici, pensando di trovare qualche soddisfazione in più, deve far conto che dietro c’è un business interessante e una necessità di soddisfare dei fabbisogni alimentari anche da parte di popolazioni che oggi hanno dei problemi dal punto di vista nutrizionale. Un nuovo alimento può dare anche delle risposte in questo senso”.

Da Siste arrivano, però, le rassicurazioni: il food “made in Italy” non corre rischi.

Paola Chirico

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