Naufragio nel canale di Sicilia. E’ l’ennesima tragedia del mare, di centinaia di disperati che cercano di sfuggire ai conflitti del loro paese affidandosi a barconi gestiti da persone senza scrupoli. Un gommone carico di migranti è naufragato al largo della Libia. Secondo la Ong tedesca Sea Watch sarebbero numerose vittime. A bordo dell’imbarcazione potrebbero esserci state circa 150 persone, secondo la stessa fonte.
Il naufragio è avvenuto ieri mattina attorno alle 11 a una quarantina di miglia dalle coste libiche, in acque internazionali. L’allarme è scattato nella tarda mattinata, quando un mezzo aereo inserito nel dispositivo della missione europea Sophia impegnato nel controllo del Mediterraneo centrale ha individuato un gommone in difficoltà.
L’imbarcazione era già semisommersa e si trovava a circa 40 miglia dalle coste libiche. Il nuovo naufragio nel Mediterraneo, il primo del 2018, sarebbe stato causato dal cedimento del fondo dell’imbarcazione che si sarebbe spaccato facendo cadere a mare decine di migranti.
Secondo le prime testimonianze a bordo vi sarebbero state tra 120 e 150 persone, un peso troppo grande da sostenere per un gommone così malmesso.
Se le cifre fossero esatte, il numero dei dispersi sarebbe di diverse decine. L’allarme è scattato intorno alle 11 quando un mezzo aereo inserito nel dispositivo della missione europea Sophia impegnato nel controllo del Mediterraneo centrale ha individuato un gommone in difficoltà.
L’imbarcazione era già semisommersa e si trovava a circa 40 miglia dalle coste libiche. Immediati sono scattati i soccorsi: nel punto indicato è arrivata nave Diciotti, della Guardia Costiera, assieme ad alcune unità della Marina Militare italiana.
I migranti che erano a bordo del gommone naufragato hanno trascorso “ore in acqua” prima di essere salvati dai soccorritori della Guardia Costiera e della Marina Militare italiana. Lo scrive la Ong Proactiva Open Arms in un tweet sostenendo che ci sono “decine di persone scomparse”. “Inizia la conta dei morti annegati nel Mediterraneo nel 2018”, conclude la Ong.
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