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Mia nonna a Natale faceva il capretto: un’imitazione di merda
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Per noi siciliani ogni occasione è buona per fare schiticchio. Che Gesù muoia o rinasca, che il Palermo sia in serie B, che sia tempo di Ramadan o Hannuka, noi della Trinacria siamo dei maestri olimpionici di barbecue estremo, di festeggiamento avanzato. Ogni piccola festività è una buona occasione per finire al prontosoccorso con l’intossico, figuriamoci a Natale.
In Sicilia, Natale fa rima con ingordigia, festeggiare significa mangiare fino allo sfinimento : ” ne rimarrà solo uno”, di involtino.
Intanto si comincia a pensare al cenone di Natale già dal 15 Agosto, mentre ancora la matriarca della famiglia addenta il suo ultimo nodo di salsiccia delle 17.00: “Piiino, ma a Natale che cuciniamo?”
Di recente ho scoperto che festeggiare anche il 24 a cena è una usanza tipica del Sud e che lì, su al Nord, ci si riunisce in famiglia solo il 25 per il pranzo. Certo, in questa situazione, ci sarebbe da discutere sul concetto di “famiglia” , dal momento che nelle case siciliane sarebbe meglio parlare di invasione vichinga.
Quella che dovrebbe essere una cena si trasforma in un rave alimentare senza precedenti.
Tra antipasti e primo si sfamerebbe il Gambia, poi arrivati al dolce si potrebbe anche sovvenzionare la FAO con sostegno agli aiuti umanitari.
“Nonna, non ne voglio più”
“Ariannina, non hai mangiato NIENTE”
“Nonna, ma è la terza fetta di carne!”
“Ah, ma questa non è carne: è capretto!”
Sprack sul piatto. Per anni ho sognato un capretto gigante che mi inseguiva con la mannaia cinese.
Finita la cena, sempre che la cena non abbia finito voi, si procede con le classiche giocate a carte o a tombola.
Io che detesto qualsiasi forma di intrattenimento di questo tipo, per anni sono stata vittima di mobbing natalizio ed ho assistito a scene che vuoi umani del Nord non potete nemmeno immaginare.
“Dai dai giochiamo per i bambini” , diceva mia nonna con tono da soldato vietnamita mentre accarezza come Gollum il suo gruzzolo di monete scintillanti. Per i bambini, certo.
“Arianna tira la tombola”, “In testa a chi nonnina?”
Entusiasmo, è per i bambini mi ripeto. Mi guardo intorno, mi rendo conto che l’età media, con la conversione in Euro è di 60 anni. “Tira, tira la tombola…” è per i bambini, quelli del 1926…
Stroncati dal cibo, si attende la mezzanotte per la fatality: il panettone.
Si smette solo quando la curva glicemica è diventata un tornante a gomito.
Tutto sommato è un copione inevitabile e irrinunciabile. Una di quelle esperienze del terzo tipo che ognuno di noi dovrebbe almeno provare una volta nella vita. In fondo il Natale, non è che uno stato d’animo.
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