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di redazione
Partivano lasciandosi dietro la terra di origine, gli affetti e le tradizioni. Centinaia i monteleprini che, nei vari periodi storici, hanno lasciato la Sicilia per emigrare verso paesi più ricchi. Andavano verso terre sconosciute alla ricerca di una condizione di vita migliore. Nelle valige mettevano foto, santini, pubblicazioni che gli ricordassero i luoghi e le persone da cui si distaccavano. Per lunghi, estenuanti viaggi, ammassati in squallide barche sognavano “l’America”. Li accompagnavano i sogni e “pezzi” di Italia: poesie, canzoni, preghiere. C’era il bisogno di cambiare vita nella popolazione italiana di inizio Novecento, ancora prevalentemente agricola e stremata dalle frequenti carestie. E al di là del mare c’era un paese vergine, tutto da scoprire, che assicurava più dell’indispensabile. E tra i due mondi c’era la nave rassicurante, robusta e inaffondabile, che salpava ogni due settimane. A seconda della destinazione, undici o diciotto giorni per arrivare, ma anche 9 subito dopo la guerra. Forse non solo miseria e povertà, ma anche spirito d’avventura e ambizione animarono coloro che partirono. L’ignoranza della lingua straniera e le difficoltà di inserimento nel Paese d’arrivo li costrinsero inizialmente ai mestieri più umili: braccianti, muratori o lavapiatti, per inseguire, col loro duro e caparbio lavoro, il sogno di migliori condizioni di vita. Oggi sono numerosi i monteleprini e i discendenti di monteleprini all’estero. La più grande concentrazione la troviamo a Detroit, in Michigan, dove l’industria automobilistica ha garantito lavoro per oltre un lustro ai numerosi siciliani che in terra d’America hanno pure dato estro alla propria intraprendenza, affermandosi negli anni, dopo un lungo processo di integrazione, come business man nel campo dell’edilizia, ma anche del commercio. Inizialmente, ovunque i monteleprini siano approdati, fondavano associazioni e circoli, costruivano chiese e ritrovi per aiutarsi, stare insieme ed osservare le proprie tradizioni, parlare italiano e dialetto, evocare ricordi mai spezzati e trasmessi, con non poche difficoltà, alle nuove generazioni. A Detroit, organizzavano pure la Festa del Santissimo Crocifisso, patrono di Montelepre. Poi, per una serie di vicissitudini, il club si è disgregato e per circa un ventennio la comunità ha proteso ad allontanarsi. Ma grazie ad un nostro servizio realizzato a giugno scorso in Michigan per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, evento organizzato dal coordinatore delle associazioni italo-americane di Detroit Rosolino Lo Duca, ai nostri compaesani è tornata la voglia di aggregarsi e di creare una società ex nova. E’ stata costituita, infatti, la Società Santissimo Crocifisso Club di Montelepre. Presidente è stato eletto Vito Iacona, suo vice Giuseppe Gaglio, segretario Sebastiano Previti, Tesoriere Nicolò Genovese. I Revisori dei Conti sono Salvatore Previti, Santino Lupo e Giacomo Leone. Il porta bandiera è Giuseppe Genovese, mentre Paolo Leone è stato eletto Sergente D’Arma. La società è stata registrata a Lansing, sede governativa del Michigan ed opera ai fini squisitamente sociali, per continuare a mantenere il nome di Montelepre alto nel mondo. I membri attualmente iscritti sono Pietro Cucinella, Giuseppe e Domenico Galio, Nicolò e Giuseppe Genovese, Vito Iacona, Angelo Licari, Giacomo e Paolo Leone, Salvatore e Santino Lupo, Cristoforo Mazzola, Giovanni, Giacomo, Salvatore, Sebastiano e Vito Previti; monteleprini che con le rispettive famiglie cercano di mantenere intatti gli insegnamenti ricevuti dai propri padri e la devozione verso il patrono del paese natìo che è, appunto, il Santissimo Crocifisso. Tra le attività programmate per il 2012, infatti, la celebrazione di una Messa Solenne che Mons. Giuseppe Licciardi, parroco della Holy Family Church di Detroit, officerà il prossimo primo luglio in contemporanea con l’uscita dalla Chiesa Madre di Montelepre del simulacro del Santissimo Crocifisso, che verrà tradizionalmente portato a spalla per le vie del paese.
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