Monsignor Crociata a Marsala: “Il Concilio Vaticano II deve vivere nelle chiese locali”
«Perché è importante il Vaticano II? Perché non possiamo prescinderne?». È la domanda con la quale ha iniziato il suo intervento a conclusione del ciclo “I lunedì di Santa Cecilia” a Marsala (organizzati dalla Diocesi e dal Cemsi), monsignor Mariano Crociata, Segretario generale della Cei. «Una prima risposta è di tipo dottrinale – ha detto Crociata – il Concilio rappresenta l’evento ecclesiale più autorevole e più recente per noi; il nostro essere credenti e la nostra appartenenza ecclesiale non possono esprimersi se non agganciandosi a esso». Una seconda risposta, ha detto Crociata «è di carattere storico; il Vaticano II non appartiene semplicemente al passato, anche se sono trascorsi cinquant’anni. La distanza temporale, che è certo significativa, non permette di relegarlo in un’epoca remota, come è il caso dei precedenti Concili. La sua efficacia storica è ancora attiva, e in maniera ben diversa da quella degli altri. Il loro insegnamento, infatti, è naturalmente parte integrante della dottrina della nostra fede e il loro accadimento contribuisce ad alimentare la fede della Chiesa nella corrente viva di quella tradizione che ci costituisce e ci collega alle origini nell’avvenimento di Gesù Cristo. Ma del Vaticano II siamo ancora pienamente sotto gli effetti; la sua importanza è imponente per la Chiesa di oggi e continuerà a esserlo per quella di domani, sia per i contenuti del suo insegnamento sia per gli orientamenti elaborati e gli indirizzi adottati». «Il Vaticano II è l’eredità di cui viviamo» ha spiegato Crociata nel suo intervento nella chiesa madre di Marsala (dove è stato parroco). «Quella del Concilio – ha detto ancora il segretario generale della Cei – è un’eredità con cui siamo già in relazione. Il Vaticano II non è solo un avvenimento del passato, ma fa corpo con la vita della Chiesa oggi; non solo nel senso che un Concilio è pur sempre espressione della Chiesa e un fattore che a sua volta influisce su di essa, ma nel senso che i suoi effetti non sono ancora esauriti e noi ci troviamo entro il flusso della sua corrente. Questo significa che la Chiesa che ha accolto la chiamata a celebrare il Concilio coincide, a distanza di cinquant’anni, con la Chiesa che sente la responsabilità di portarne a effetto tutto quanto esso ha avviato». Poi Crociata ha evidenziato i tre aspetti essenziali dell’impegno che comporta la ricezione attiva dell’eredità del Concilio: «i contenuti, il metodo, lo stile». Ancora Crociata: «Indicando questi tre aspetti dell’impegno a raccogliere l’eredità conciliare non abbiamo parlato solo di istituzioni lontane, ma ci siamo sentiti direttamente coinvolti. Esso non è, infatti, un impegno che riguardi solo Papa e Vescovi, o anche preti; esso ci riguarda tutti. Si tratta di noi, poiché il Concilio è al cuore della Chiesa e la Chiesa – anche questa è una delle grandi acquisizioni oggi alquanto appannata – siamo noi; noi le apparteniamo ed essa ci appartiene. Il Concilio, nella comunione della Cattolica, ora più che mai si attua e deve vivere nelle Chiese locali, a cominciare da una rilancio della sinodalità, cioè della partecipazione e della condivisione. Siamo fiduciosi che la ripresa dell’eredità conciliare che il cinquantesimo anniversario ci sollecita a compiere, è destinata a portare frutti in una nuova stagione di primavera per la Chiesa».