Molesta la nuora e il figlio lo fa uccidere: ultimo colpo ai testicoli

Molesta la nuora. Pasquale Mangione è stato assassinato a colpi di pistola il 2 dicembre del 2011, a decidere la sua condanna a morte uno dei figli dopo che la madre lo aveva cacciato fuori da casa perchè aveva tentato un approccio intimo con una nuora, moglie di un altro figlio.

L’uomo aveva per vizio di molestare donne sposate e non si fermava neanche dinanzi i rapporti di parentela.

Dopo anni di indagini la Squadra Mobile della Questura di Agrigento è riuscita a risalire al mandante: sarebbe stato appunto uno dei figli della vittima.

Nonostante siano trascorsi nove anni dai fatti si è arrivati alla verità grazie alla collaborazione di uno dei presunti organizzatori dell’agguato.

A finire in manette in tre arresti Antonino Mangione, 40 anni, di Raffadali (Ag), che due anni fa ha collaborato con i poliziotti dando impulso alle indagini, Roberto Lampasona, 43 anni, di Santa Elisabetta (Ag) e Angelo D’Antona, 35 anni, di Raffadali (Fonte Ansa).

“Mi chiese se potevo organizzare un omicidio senza dirmi, in un primo momento, chi fosse la vittima. Mi disse solo che il colpo di grazia avrebbe dovuto essere ai testicoli perché fosse a tutti chiaro il movente e che ci sarebbe stato un compenso di 10mila euro”, questa le dichiarazioni di Antonino Mangione che ha portato all’arresto di tutti i responsabili.

L’uomo, più volte arrestato per mafia e droga e sempre prosciolto, che ha deciso di collaborare con gli inquirenti.

La pianificazione dell’agguato secondo le regole di mafia

Antonino Mangione, che della vittina è solo omonimo, decise di parlarne con Lampasona e D’Antona.

Lampasona avrebbe dunque chiesto il permesso a Francesco Fragapane boss di Santa Elisabetta (Ag) e di recente condannato a 20 anni di carcere nell’ambito di un’altra inchiesta, seguendo le regole mafiose. Permesso che arrivò anche perché la vittima non faceva parte di Cosa Nostra.

Al momento Francesco Fragapane e uno dei figli della vittima, Francesco Mangione, risultano essere indagati a piede libero.