Un altro duro colpo al traffico di droga del quartiere Sperone di Palermo, dopo il blitz del 25 ottobre scorso una vasta operazione ha consentito di smantellare un’organizzazione che gestiva il traffico e lo spaccio di droga.
I Carabinieri di Palermo San Lorenzo hanno eseguito 57 provvedimenti cautelari (37 in carcere, 20 domiciliari e un obbligo di presentazione alla pg) con l’accusa di associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanze stupefacenti.
“Esprimo un sentito apprezzamento ai Carabinieri di Palermo San Lorenzo e alla Direzione Distrettuale Antimafia per avere disarticolato un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti che agiva nel quartiere Sperone anche davanti alle scuole. Quest’operazione rappresenta l’ennesima e forte risposta dello Stato al fenomeno dello spaccio di droga in alcune zone della città.
È importante, oltre alla fondamentale azione repressiva, continuare a lavorare sull’aspetto culturale. Colpisce, infatti, il coinvolgimento di interi nuclei familiari pronti a utilizzare minorenni per le loro attività illecite. Sottrarre porzioni di territorio alla criminalità è il primo passo per offrire speranza e riscatto alle tante persone che vivono nei quartieri più difficili della città. Lo Stato c’è e lo ha dimostrato ancora una volta”. Lo dichiara il sindaco di palermo, Leoluca Orlando.
A gestire “gli affari” interi nuclei familiari, mogli, madri, compagne e figli che collaboravano nella direzione delle attività criminali, nei contatti con i fornitori e nel tenere la contabilità dello spaccio, pronte anche a subentrare, all’occorrenza, per garantire continuità all’attività illecita in caso di arresto di uno dei promotori.
Molti dei soggetti fermati nel blitz hanno precedenti penali e sono ritenuti vicini a cosa nostra. Un vertice dell’organizzazione gestiva il rifornimento, le strategie di spaccio e raccoglieva i proventi dell’attività, da cui dipendevano tre distinte compagini criminali, ognuna con a capo una famiglia che organizzava autonomamente la propria “piazza di spaccio” e impartiva precise direttive ai propri pusher.
A disposizione dell’organizzazione c’erano appartamenti e magazzini in cui veniva stoccata marijuana e hashish o o e si produceva crack: locali utilizzati anche come luoghi di riunione per decidere le strategie, spartirsi i proventi o rifornire i pusher organizzati su turni h24 per garantirne la piena attività anche durante le ore notturne.
I profitti venivano redistribuiti per il sostentamento delle famiglie dei detenuti e il pagamento delle spese legali. Le piazze di spaccio garantivano ai tre clan profitti, stimati nell’ordine di 1,5 milioni di euro su base annua.
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