Riceviamo e pubblichiamo la nota dell’Associazione Antimafie “Rita Atria” che si congratula pubblicamente con il PM Antonino Di Matteo per la nomina conseguita e allo stesso tempo manifesta piena e vigile solidarietà.
Il 15 marzo scorso la notizia della nomina di Nino Di Matteo alla Procura Nazionale Antimafia. Una nomina che avevamo accolto con gioia e che prima degli ultimi risvolti eravamo pronti a commentare pubblicamente con questa nota :
Il CSM ha ufficializzato la nomina del PM Antonino Di Matteo a Sostituto Procuratore presso la Procura Nazionale Antimafia (il trasferimento sarà operativo tra circa 2 mesi). Il PM si trasferirà a Roma dopo oltre 25 anni di attività sul territorio siciliano, alla Procura di Caltanissetta prima e a quella di Palermo poi.
Il plenum del CSM gli ha assegnato all’unanimità uno dei cinque posti da Sostituto Procuratore messi a concorso. Un risultato che arriva dopo anni di attacchi, isolamento e probabili “veti”: Di Matteo aveva rifiutato solo pochi mesi fa un trasferimento non per esito di concorso ma per ragioni di sicurezza, e nel 2016 la sua domanda era stata rigettata per un’imprecisione nella redazione della domanda di ammissione al bando, ma prima ancora nel 2015 è stato bocciato e collocato all’undicesimo posto in graduatoria. Curioso ché a distanza di alcuni anni gli stessi titoli e la stessa esperienza del PM vengano valuti dallo stesso CSM in maniera diametralmente opposta.
Il trasferimento a Roma non è da considerarsi una fuga, né tantomeno una resa, come dichiarato dallo stesso Di Matteo, infatti ancor prima del pronunciamento del plenum il PM ha manifestato al Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti e al Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi la volontà di rimanere applicato al processo sulla “Trattativa” e alle indagini annesse.
Possiamo immaginare quali sentimenti attraversino l’uomo prima ancora che il magistrato. La scelta di lasciare la Procura di Palermo è sicuramente una scelta sofferta, ma necessaria, dovuta alla consapevolezza del PM di poter continuare ad occuparsi di mafia solo attraverso un cambio di ufficio e ruolo. Occorre ricordare infatti che da alcuni anni, prima per scadenze normative e poi per una precisa disposizione del Procuratore Lo Voi, a Di Matteo non è permesso di lavorare a tempo pieno alle indagine antimafia e al delicato processo sulla “trattativa” essendogli assegnate pratiche relative a reati minori.
In questo clima spetterà proprio al Procuratore Lo Voi l’attivazione della procedura di applicazione al processo, augurandoci di non dover assistere all’ennesimo “sgarbo”.
E lo sgarbo puntualmente è arrivato: martedì 11 aprile il DOG del Ministero della Giustizia ha accolto la richiesta avanzata dal Procuratore di Palermo Lo Voi, con il parere favorevole del Procuratore Nazionale Antimafia Roberti, con la quale si richiedeva il “post possesso” dell’incarico di Di Matteo, che sarà costretto per altri sei mesi almeno nel ruolo di sostituto procuratore a Palermo.
La motivazione ufficiale è quella di permettere al PM di continuare a seguire il Processo sulla “Trattativa Stato-mafia” e le indagini annesse. Processo che Di Matteo non ha alcuna intenzione di abbandonare e a cui aveva espressamente richieste di essere applicato, dalla PNA, ma che ora viene utilizzato per impedirgli da subito di prendere possesso delle funzioni di sostituto procuratore nazionale, anzi è logico ritenere che nel corso di questi sei mesi, oltre al già citato processo, Di Matteo debba continuare a occuparsi di reati minori come ad oggi disposto dallo stesso procuratore Lo Voi.
Ed è sempre Lo Voi che nei giorni immediatamente successivi alla nomina di Di Matteo alla Procura Nazionale Antimafia (15 marzo u.s.) dirama una e-mail ai magistrati della Procura di Palermo, poi rilanciata dalle Agenzie, in cui attacca il PM senza mai nominarlo e lo accusa di denigrare l’operato dei colleghi e di inseguire “notorietà”.
Un’opera costante, pervicace che mira a logorare e isolare tra i colleghi il magistrato, a ostacolarne il lavoro.
Di Matteo resta quindi a Palermo, salvo novità ci resterà fino a novembre, ed è paradossale e vergognoso che il Ministero della Giustizia lo mantenga proprio a Palermo dopo che il CSM soltanto cinque mesi addietro gli aveva proposto un trasferimento d’urgenza a Roma per ragioni di sicurezza dopo le ripetute e comprovate minacce di morte emesse a suo carico.
Cosa è cambiato da allora ?
A chi giova questa disposizione ?
…a noi …sembra un film già visto…
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