Malvagno: storia di una struttura sportiva abbandonata. Ovviamente a Palermo

di Fabrizio Blandi

Una volta al Malvagno c’era l’erba. La bruciarono per sempre l’utilizzo eccessivo e la burocrazia. Il Malvagno e’ un fantasma in mezzo alla Favorita: tre campi, figli delle manie di grandezza di un presidente che…

di Fabrizio Blandi

Palermo, 23 Gen. – Una volta al Malvagno c’era l’erba. La bruciarono per sempre l’utilizzo eccessivo e la burocrazia. Il Malvagno è un fantasma in mezzo alla Favorita: tre campi, figli delle manie di grandezza di un presidente che il suo sogno non é riuscito neanche ad accarezzarlo.

Il primo è un campo di calcetto, ormai inservibile, senza più il manto sintetico e con le reti di recinzione ridotte a brandelli. Il secondo è una distesa di erbacce. L’ultimo, quando piove, diventa una palude.

Sta lì, sospeso tra la mannaia del sequestro, per il momento scongiurato, e il bisticcio sulle competenze, in attesa che si decida la sua sorte. Il Malvagno, per chi non lo sapesse, è un pezzo di storia di Palermo.

Ogni sportivo palermitano, il campione o il dilettante, ha una storia da raccontare sulla sua coltre rossa, sui mille tranelli di un campo all’ombra del Monte Pellegrino, tra le puttane e l’abuso edilizio, sanato dalla notte quando tutte le vacche sono nere.

Adesso vive – curato dalla solerzia di Peppino Tedesco – di rugby e del calcio di Pallavicino; vive sperando in un miracolo. Un miracolo. Eppure viene spontaneo chiedersi: ma perché non dare i campi a chi vuol curarli?

La palla ovale ha avanzato la sua personale richiesta per la prima volta ad agosto, quando finalmente si era chiarita la vicenda dell’abuso, e i campi sembravano poter essere di nuovo utilizzati dalla cittadinanza senza alcun escamotage.

Da allora, però, solo dilazioni e ben cinque richieste fatte protocollare in cinque uffici diversi: CONI, assessorato al Verde Urbano, Assessorato allo Sport, Sindaco di Palermo e FIR.

Una sola risposta ufficiale, da parte dell’Assessore Barbera: aspettate, ancora dobbiamo decidere cosa farci davvero della Favorita, non sappiamo se ci sono i soldi.

Il punto è che l’Iron Team RFC, che aveva presentato il progetto e la richiesta, non voleva alcun aiuto economico da parte del Comune: – “Ci basta un pezzo di carta che ci assegni in gestione il Malvagno; al resto pensiamo noi” – spiega Manfredi Colombo, responsabile del progetto.

E, in effetti, l’Iron Team ha specificato le ragioni di tale richiesta: – “Il nostro progetto è a costo zero per il Comune di Palermo ed è improntato alla politica dell’impatto zero sotto ogni aspetto” – continua Colombo“Crediamo fermamente, infatti, che avere un campo in gestione significhi aiutare Palermo a sviluppare un bene che è di tutti e che, contrariamente a quel che si può pensare, sarà aperto alla contribuzione delle associazioni e dei singoli cittadini”.

Nel progetto l’idea degli orti cittadini e di un centro di doposcuola per immigrati e bambini con situazioni difficili: – “Storicamente il rugby a Palermo è stato affiancato all’impegno nel sociale. Facciamo volontariato, promuovendo l’avviamento al rugby, nelle scuole delle zone difficili della città (il Borgo Vecchio, NdR) e ci impegniamo a sensibilizzare la gente sulle problematiche ambientali legate al consumo. Per questo abbiamo pensato ad un centro sportivo che si autoalimenti e agli orti cittadini. Sono un’opportunità per condividere un progetto di sviluppo alternativo e che generi economie virtuose”.

Ciononostante, per ora, tutto tace, mentre il Consiglio dell’Iron Team promette di intensificare la campagna di sensibilizzazione sull’area del Malvagno. È prevista una raccolta firme online e per le strade della città, oltre a una serie di iniziative che coinvolgano la cittadinanza in situ.

Nel frattempo, il problema delle strutture sportive a Palermo per gli sport alternativi si acuisce sempre più, con due grandi malati – il Velodromo e il Diamante – costretti a ospitare un numero di squadre superiore alle esigue possibilità di strutture allo sbando per via della mancanza di fondi per la manutenzione.

Mentre il numero dei praticanti cresce in maniera verticale, ci si chiede se un giorno, non troppo lontano, si dirà che anche al Velodromo e al Diamante una volta c’era l’erba.