Andrà in scena domani, alle 17:30, al Piccolo Teatro della Città la fiaba Il Mago di Oz, con Ezio Garfi, Giuseppe Carbone, Alberto Orofino, Carmen Panarello, Evelyn Famà. Regia Gianni Salvo.
Il giornalista Lymann Franck Baum (Chittenango, New York 1856 – Hollywood 1919) amava inventare favole per intrattenere i suoi quattro figli. Spinto dalla suocera a scriverle e a pubblicarle ottenne con queste un grande successo editoriale. La sua fama è dovuta soprattutto alla serie dei libri di Oz che costituirono per molti anni una lettura particolarmente adatta ai giovani e che furono continuati in seguito, dopo la sua morte, da altri scrittori.
Il primo della serie fu The Wonderful Wizard of Oz (1900) a cui fecero seguito altre undici storie pubblicate negli anni successivi fino al 1913. Nella prefazione al suo libro (1900) Baum scrisse: «La fiaba vecchio stile, delizia di tante generazioni, ha ormai fatto il suo tempo. Assistiamo oggi ad una fioritura più moderna del genere fiabesco, da cui le convenzionali figure del genio, del nano o della fata sono scomparse con tutto il corteo di fatti terribili e agghiaccianti escogitati dagli autori per trarre da ogni fiaba un efficace insegnamento morale.
Ora, l’educazione moderna già comprende l’insegnamento della morale; perciò il bambino moderno cerca solo il divertimento nelle sue splendide fiabe e fa volentieri a meno di ogni fatto sgradevole. Derivato da questa riflessione, il Mago di Oz è stato scritto unicamente per la gioia dei bambini d’oggi. Esso vuole essere una fiaba moderna che conserva il meraviglioso e divertente, che esclude incubi e paure».
I «fatti terribili e agghiaccianti» erano certamente quelli raccontati nelle favole dei Grimm e di Andersen scritte nel periodo romantico quando l’orrido e il terrificante erano ingredienti tipici dell’epoca.
Per quanto concerne l’insegnamento «morale» che nella prefazione Baum dice di escludere, si riferisce al “pistolotto finale”. Invece il messaggio morale è presente, nel ruolo dei tre personaggi amici di Dorothy, ossia lo Spaventapasseri, l’Uomo di latta e il Leone codardo che cercano di ottenere da Oz rispettivamente il cervello, il cuore e il coraggio.
Il grande mago, che si rivelerà poi un impostore, risponderà allo Spaventapasseri che gli chiede di inserirgli in testa il cervello, che avere cervello significa apprendere ogni giorno qualcosa di nuovo. Al Leone che si lamenta di non aver coraggio risponde: «ti manca la fiducia in te stesso». Il vero coraggio consiste nell’affrontare il pericolo pur essendone spaventato. E all’Uomo di latta alla ricerca di un cuore dice che «avere un cuore può rendere infelice e bisogna essere pronti a sopportare questa eventuale infelicità». Per quanto riguarda Dorothy c’è chi la paragona ad Alice, ma più che alla tenera creatura di Carrol assomiglia alla Jo di Piccole donne della Alcott. La coraggiosa ragazza incarna le virtù delle discendenti delle pioniere, fiera di essere americana e dell’”american way of life”.
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