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Mafia, operazione “Iron Man”: sequestrati 8 milioni a capo mafia di Ficarazzi

 

I Carabinieri del Comando provinciale di Palermo stanno dando esecuzione a Ficarazzi (PA), Bagheria (PA) e Agrigento a un decreto di sequestro beni per un valore complessivo pari a 8 milioni di euro, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, nei confronti di Giovanni TRAPANI  (1956), ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Ficarazzi – località dell’immediato hinterland orientale del capoluogo regionale – e in atto detenuto per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso.

Il provvedimento patrimoniale segue l’operazione antimafia “Iron Man” che il 5 agosto 2010, con l’esecuzione di 8 provvedimenti cautelari, ha decapitato il vertice delle famiglie mafiose di Ficarazzi, appendice del mandamento mafioso di Bagheria, nel quadro di “cosa nostra” siciliana.

Le misure sono state emesse dal Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo siciliano, contestando l’associazione per delinquere di tipo mafioso, oltre ai reati di estorsione, danneggiamento e traffico di stupefacenti.

L’operazione è il frutto di una prolungata attività d’indagine avviata dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria sul territorio di Ficarazzi, a partire dalla recrudescenza degli attentati incendiari a danno di imprenditori locali, le cui identiche modalità (copertoni di ruota imbevuti di benzina e lasciati agli ingressi o all’interno delle ditte) segnalavano l’esistenza di una medesima e pericolosa  strategia di matrice mafiosa, con finalità intimidatorie ed estorsive.

Emergeva, pertanto, la posizione di vertice del 54enne Giovanni TRAPANI, ritenuto il “reggente” di Ficarazzi, in virtù del controllo esercitato su quel territorio e della gestione diretta del racket delle estorsioni .
Nel contempo, era in atto lo scontro con l’aspirante boss 34enne Atanasio ALCAMO, che aveva lanciato l’offensiva su quel territorio per assumerne il controllo, contando sulle braccia violente di altri picciotti desiderosi di fare il salto di qualità, passando dagli stupefacenti al racket.

Gli arresti del 5 agosto interrompevano lo scontro e la scia delle intimidazioni che in un caso avevano condotto anche al violento pestaggio di un imprenditore, riottoso all’imposizione del racket perché – come intercettato dai Carabinieri in una conversazione tra picciotti – “chi non paga … scippa legnate”!
 
Gli investimenti dell’organizzazione criminale si sono incentrati nel settore dell’edilizia, attraverso la raccolta del pizzo, ma anche con l’imposizione di imprese mafiose nello svolgimento di lavori, a prezzi peraltro maggiorati.
 
I sequestri operati oggi dai Carabinieri interessano anzitutto due aziende: la PA.MA. COSTRUZIONI DI PACE MARIANNA, di Ficarazzi, ditta individuale specializzata nell’edilizia, di cui risulta titolare Marianna PACE (1972), nipote di Giovanni TRAPANI e la TRIASSI Srl, di Ribera (AG), ditta individuale specializzata nel movimento terra,  di cui risultano titolari Silvana TRAPANI (1961) e  Mariangela MANNA  nata a Palermo (982), rispettivamente sorella e nipote di Giovanni TRAPANI.

Le ispezioni condotte dai Carabinieri sui cantieri attivi hanno testimoniato ulteriormente come nel comprensorio di Ficarazzi la maggior parte dei lavori edili e di movimento terra sono riconducibili a queste ditte,: un vero e proprio monopolio imposto agli imprenditori edili, con prezzi superiori anche del 40%, rispetto a quelli ordinariamente praticati nel settore.

Ma le ditte servivano anche per regolarizzare il “pizzo” sul piano fiscale. I versamenti periodici – concentrati soprattutto a Natale e Pasqua – venivano infatti mimetizzati nella forma di normali pagamenti, per forniture e opere in sub-appalto. In breve, a Ficarazzi l’estorsore rilasciava la fattura.

Infine, le aziende detenevano un patrimonio mobiliare e immobiliare direttamente riconducibile a TRAPANI collocato a Ficarazzi (PA) e Siculiana (AG), paese di origine della moglie del boss. Si tratta di autovetture di lusso (berline tedesche e SUV di recente produzione), mezzi d’opera (camion, ruspe ed escavatori) e ancora terreni edificabili e agricoli, appartamenti,  tre intere palazzine residenziali, due capannoni industriali, nonché una villa sul mare che TRAPANI riservava per sé e per i propri familiari.

Nel complesso, un vero e proprio “sistema criminale” che inquina pesantemente l’economia e s’infiltra nel territorio, realizzando contemporaneamente cospicui profitti illeciti e il riciclaggio degli stessi.

Oltre al patrimonio aziendale già indicato, è stato sequestrato uno stabilimento balneare, con bar e ristorante annessi, gestito direttamente dallo stesso TRAPANI nel periodo estivo. Inoltre, il provvedimento emesso dal Tribunale comprende conti corrente, buoni fruttiferi, obbligazioni, libretti deposito e risparmio, mutui, fideiussioni, fondi d’investimento: complessivamente un patrimonio valutabile intorno agli di 8 milioni di Euro.

Tutto è riconducibile a Giovanni Trapani – oggi detenuto – il cui peso criminale si staglia con tutta evidenza anche grazie a queste indagini patrimoniali.

TRAPANI, attesa anche l’età, nonché l’appartenenza ad una leva storica della mafia palermitana, è accorto, prudente, sempre attento ad evitare il contrasto e a ricercare compromessi, accordi, complicità in maniera coerente con una politica impostata per il lungo periodo, che risente direttamente della “strategia della sommersione”.

Malgrado la ricchezza accumulata, si presentava in maniere dimessa, si muoveva a bordo di vecchie utilitarie malmesse, vestendo quasi sempre abiti da lavoro, proponendosi,  anche con le Forze dell’ordine, in termini – solo apparenti – di massimo rispetto ed educazione.

In realtà il florido impero economico di TRAPANI non arricchiva solo la sua famiglia, ma sosteneva il benessere del mandamento mafioso di Bagheria, cui risponde la famiglia mafiosa di Ficarazzi, soprattutto in un momento nel quale le attività di polizia hanno reso sempre più difficile l’approvvigionamento e la messa in sicurezza delle finanze illecite.
In tal senso appaiono determinanti gli stretti rapporti intrattenuto da Trapani, con Giuseppe SCADUTO detto “Pinuzzu”, il 65enne capo indiscusso del mandamento mafioso di Bagheria, figura carismatica di “cosa nostra”, attualmente ristretto nel super-carcere di Cuneo, in regime del 41 bis, all’esito dell’Operazione PERSEO, del dicembre del 2008, che ha decapitato la mafia palermitana, impedendo la ricostituzione della commissione provinciale.

Infatti è il boss bagherese che svolge attività di intermediazione tra Giovanni TRAPANI e l’emergente ALCAMO, ponendosi quale figura di riferimento sovraordinata, in grado di dirimere contrasti tra affiliati e, più in generale, di orientare le strategie del sodalizio criminale.  Ed è sempre SCADUTO che, in virtù del ruolo carismatico ricoperto e dell’autorevolezza che negli ambienti criminali gli viene riconosciuta, raccoglie le lamentele degli imprenditori che si sentivano vessati dalle esose richieste estorsive avanzate dalla famiglia mafiosa di Ficarazzi. (Carabinieri Palermo)

Redazione

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