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di redazione
Dopo 29 anni, e’ ancora uno dei misteri di Palermo: l’assassinio di Lia Pipitone, la figlia venticinquenne di un capomafia molto vicino a Toto’ Riina e Bernardo Provenzano, che fu assassinata nel corso di una strana rapina, il 23 settembre 1983.
Anni fa, alcuni pentiti dissero che la giovane era stata uccisa addirittura su ordine del padre, Antonino Pipitone, che cosi’ avrebbe voluto punirla per una presunta relazione extraconiugale. Ma il padre, boss del clan Acquasanta, e’ stato assolto in tutti e tre i gradi di giudizio.
E il mistero e’ tornato fitto. Adesso, il figlio di Lia Pipitone, Alessio Cordaro, e il giornalista di “Repubblica” Salvo Palazzolo hanno deciso di tornare a indagare su questo giallo.
Per un anno e mezzo hanno raccolto nuove testimonianze, hanno riesaminato gli atti del processo gia’ celebrato e anche le risultanze di altre inchieste di mafia: ne e’ nato un libro, “Se muoio, sopravvivimi’ la storia di mia madre, che non voleva essere piu’ la figlia di un mafioso”, edito da Melampo.
Il libro ha gia’ fatto riaprire l’indagine sull’assassinio di Lia Pipitone: la nuova inchiesta e’ coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal sostituto procuratore Francesco Del Bene.
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