Mafia: operazione Hybris, pizzo lowcost attraverso la “riffa”

Il Nucleo Investigativo con l’indagine “HYBRIS” è riuscito a tratteggiare la struttura, l’organigramma e le attività criminali della gerarchia delle famiglie mafiose del mandamento di “PAGLIARELLI”.

 

di redazione

Attraverso una complessa attività investigativa sviluppata attorno alla ricerca dell’allora latitante Giovanni Vincenzo NICCHI, infatti, il Nucleo Investigativo con l’indagine “HYBRIS” è riuscito a tratteggiare la struttura, l’organigramma e le attività criminali della gerarchia delle famiglie mafiose del mandamento di “PAGLIARELLI”.  

La prosecuzione degli sforzi investigativi ha consentito di acquisire  gravi indizi di colpevolezza  nei confronti dei destinatari dell’odierno provvedimento cautelare delineando il ruolo di ciascuno all’interno del sodalizio mafioso. In tale contesto è stata ulteriormente cristallizzata l’attività estorsiva perpetrata ai danni di una nota pasticceria palermitana. A partire dal 2007, infatti, i proprietari erano costantemente oggetto di una pressione mafiosa che, oltre alla riscossione di rate fisse durante le festività natalizie e pasquali, condizionava l’organizzazione stessa dell’impresa alterando il regime di concorrenza con altre attività commerciali  “protette”.  Costantemente, attraverso esplicite intimidazioni realizzate con metodiche mafiose, gli uomini della cosca di “PAGLIARELLI” avevano imposto di “pagare qualcosa per i carcerati” pretendendo in più occasioni la consegna di prodotti di pasticceria per valori elevati fino a 750 euro per volta.

Questa nuova forma di racket  si realizza con l’imposizione ai commercianti dell’acquisto di blocchetti di tagliandi abbinati a fittizie lotterie. Le complesse attività tecniche di intercettazione, infatti, hanno consentito di constatare come, con frequenza settimanale, gli uomini della cosca  imponevano l’acquisto dei tagliandi della lotteria (“la riffa”) al prezzo di novanta euro per ciascun blocchetto venduto. Il vantaggio che l’associazione trae da tale forma di imposizione del “pizzo” è duplice, infatti, gli esattori celano la loro attività delittuosa dietro il paravento dell’esercizio di un gioco clandestino ma assolutamente popolare nelle borgate palermitane e l’imposizione “indistinta” a tutti i commercianti  di somme apparentemente “modeste”,  consente tuttavia alle famiglie mafiose di ricavare introiti per circa 9000 euro a settimana che si aggiungono alle “ordinarie” messe a posto.

Del resto, l’esiguità della somma da versare in contrapposizione con l’atteggiamento intimidatorio mafioso, garantisce una generale coltre di omertà da parte dei soggetti passivi delle estorsioni i quali, nella bieca analisi di costi e benefici sottesa alla scelta di pagare un “pizzo” non esoso, preferiscono assoggettarsi a tale imposizione piuttosto che denunciarla.

Nel corso delle indagini, tuttavia, si poteva contare sulla collaborazione di alcuni commercianti i quali, attraverso un atteggiamento positivo, mostravano la propria ribellione all’imposizione mafiosa.

I destinatari delle misure di custodia cautelare in carcere sono Domenico MARCHESE, nato a Palermo il 15/07/1967, Davide SCHILLACI , nato a Palermo il 20/01/1970, Antonino BERTOLINO , nato a Palermo il 19/11/1955, Carmelo BONGIORNO , nato a Palermo il 29/11/1980 e Giovanni ADAMO, nato a Palermo il 20/05/1971.