Mafia, in manette figlia e genero di Mangano

Operazione della squadra mobile a Milano nei confronti di una presunta organizzazione mafiosa attiva in Lombardia e ritenuta emanazione diretta di ‘cosa nostra’ siciliana. Decine di donne e uomini della polizia di Stato hanno eseguito otto arresti e numerose perquisizioni in pi’ aree della Lombardia.

In manette sono finiti anche Cinzia Mangano, classe 1969, figlia di Vittorio Mangano, deceduto nel 2000 e ritenuto al vertice del mandamento mafioso di ‘Porta Nuova’, e l’ex marito di un’altra figlia dell’ex stalliere di Arcore, Enrico Di Grusa.

Milano – Per gli inquirenti Cinzia Mangano ‘ “vertice, promotrice e capo” dell’organizzazione mafiosa radicata nel milanese con la collaborazione di Enrico Di Grusa e dell’imprenditore Giuseppe Porto.

Al centro delle indagini della polizia, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, una rete di società cooperative attive nella logistica e nei servizi, che, mediante false fatturazioni e sfruttamento di manodopera, hanno realizzato profitti ”in nero” almeno dal 2007.

Parte di questi profitti, secondo quanto fa sapere la polizia, ‘ stata poi utilizzata per sostenere, dal punto di vista logistico ed economico, importanti esponenti di cosa nostra detenuti o latitanti; altro denaro ‘ stato invece investito in nuove attivit’ imprenditoriali, infiltrando ulteriormente l’economia lombarda.

In uno dei passaggi dell’ordinanza firmata dal gip di Milano e illustrato dagli investigatori della Questura di Milano per sottolineare come l’organizzazione fosse ben radicata sul territorio si evidenzia che l’organizzazione operava anche estorsioni. Due gli episodi contestati ad alcuni degli indagati tra i quali anche la Mangano. La quale, al telefono, rivendivaca la ‘potenza’ assunta sul territorio, una forza grazie alla quale non era neanche necessario usare violenza nei confronti delle vittime perchè noi – diceva la donna – non abbiamo bisogno di presentazioni”.

Per tutti l’accusa e’ di associazione a delinquere di stampo mafioso, emissione di false fatturazioni e sfruttamento di manodopera clandestina. Decine le perquisizioni fatte nei comuni di Peschiera Borromeo, Bresso, Lodi, Cremona, Corsico, Tibiano, Monza, San Donato Milanese, Brugheruo, Varese e Trezzano. Il sistema era radicato in tutto il territorio lombardo almeno dal 2007 e si avvaleva di commercialisti, funzionari di banca e imprenditori compiacenti. Le cooperative, che fornivano servizi di autotrasporti e facchinaggio, accumulavano fondi neri grazie all’emissione di fatture false e allo sfruttamento di manodopera clandestina, impiegata in condizioni “animalesche”. Una “mafia imprenditoriale”, come viene definita dagli investigatori, emanazione diretta del mandamento di Pagliarello di Cosa Nostra, che impiegava i fondi neri accumulati con questo sistema per prestare sostegno logistico ed economico a latitanti e famiglie di mafiosi in carcere. La gang, come dimostra l’ordinanza, non aveva bisogno di esercitare la violenza: “Lei sa perfettamente chi siamo” dice Cinzia Mangano in una conversazione telefonica con un imprenditore vittima di estorsione. Secondo gli inquirenti sarebbe la leader del gruppo e avrebbe “sostenuto le famiglie dei condannati per mafia e detenuti nel carcere di Opera”, favorito la latitanza “di personaggi come Giovanni Nicchi”. I beni sequestrati ammontano a 3 milioni e il giro di fatturazioni false individuate finora ammonta a 650 mila euro. Gli altri arrestati sono Orlando Basile, Antonio Fabiano, Walter Tola e Vincenzo Tumminello. Nella corposa ordinanza di custodia cautelare c’e’ anche il capitolo intitolato “rapporti con esponenti politici“. “Pur non essendovi tra gli scopi contestati all’associazione il cosiddetto ‘voto di scambio’ – scrive il gip Stefania Donadeo – sono emersi rapporti tra Porto e diversi soggetti che, in vista delle elezioni, a lui si rivolgono per ottenere un aiuto”. Secondo quanto emerge Porto, raccolse voti per far eleggere l’ex assessore alla Casa lombardo del Pdl, Domenico Zambetti, arrestato nell’ottobre del 2012, con l’accusa di avere comprato voti dalla ‘ndrangheta. E, fu sempre Proto, a “raccogliere consensi per Gianni Lastella (appartenente alla Gdf, segretario regionale del Cobar della Gdf in Lombardia)”, che poi si presentera’ alle Comunali a Milano, senza essere eletto.