Chiesti sedici anni per Gaetano Riina, il fratello del Capo dei Capi di Cosa Nostra; dieci anni per il nipote Giuseppe Grizzaffi, per Giovanni Durante e Alessandro Correnti e due anni per Giulio Roccaforte, passato da vittima a favoreggiatore.
Sono le richieste dei pm di Palermo, Marzia Sabella e Pierangelo Padova, nel processo per associazione mafiosa ed estorsione che si svolge con il rito abbreviato di fronte al gup Vittorio Anania.
I fatti contestati sono la gestione e il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici; interventi sulle istituzioni e la pubblica amministrazione e la raccolta di voti per le consultazioni elettorali.
Ad assumere il controllo della cosca di Corleone e degli affari del clan, sarebbe stato Gaetano Riina, affiliato anche alla famiglia di Mazara del Vallo, dove vive ormai da anni. Giuseppe Grizzafi e Alessandro Correnti, cognati, sarebbero stati, invece, gli addetti alle estorsioni e detentori della cassa della famiglia. Una delle vittime dei taglieggiamenti, Giulio Roccaforte, ha negato i fatti e da vittima è diventato imputato anche lui per favoreggiamento personale.
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L’inchiesta è stata avviata dopo un accurato esame dei pizzini trovati a Montagna dei Cavalli, nel covo in cui è stato arrestato l’allora boss superlatitante Bernardo Provenzano, l’11 aprile 2006. In quei documenti, infatti, si faceva riferimento al fatto che bisognava aiutare il cognato di Totò Riina nel fargli ottenere contratti per la fornitura di supermercati. L’indagine, compendiata da due informative del Ros, però, finiva con un’archiviazione. Poi, l’11 gennaio 2010, nelle campagne di Monreale, vicino Corleone, è stato ucciso Nicolò Romeo e ciò ha permesso di riaprire il fascicolo e verificare come, dopo gli arresti di Totò Riina e Bernardo Provenzano, dominus non solo della locale famiglia mafiosa ma di tutta l’organizzazione, era partita la corsa alla successione. Il bastone del comando a un certo punto sarebbe toccato a Giuseppe Grizzafi, nipote di Totò Riina. Ma la sua posizione sarebbe stata criticata da parte degli altri appartenenti a Cosa nostra, a causa di problemi con l’alcool. Per cui a guidare le redini degli affari di famiglia sarebbe subentrato Alessandro Correnti, cognato di Giuseppe Grizzafi, trapiantato a Corleone ma originario di Misilmeri e quindi ritenuto poco affidabile.
I clan mafiosi che negli ultimi 30 anni avevano dominato la scena del potere, stavano rimanendo fuori dagli affari e, quindi, ecco che viene insignito Gaetano Riina, arrestato diverse volte ma mai processato per mafia. Pur non potendo rivestire una carica formale, vivendo a Mazara del Vallo, era ”l’unica superstite persona anziana, depositaria delle antiche regole di Cosa nostra, e dotata del carisma e dell’autorevolezza che gli provengono dall’essere il fratello di Totò u curtu”. Con cui, secondo le intercettazioni, parla ”con gli occhi”.
Alle porte c’era una ridefinizione dei confini territoriali con la famiglia di San Giuseppe Jato. La famiglia di Corleone rischiava la decadenza, ecco perché è stato ”ripescato” il vecchio ”zio Tano”. Che, come lui stesso dice, senza sapere di essere intercettato, doveva vedersela con ”teste moderne”: ”Ci sono solo quaqquaraqqua” diceva ai suoi.
Gaetano Riina è il tenutario dei vecchi segreti di Cosa nostra e cercava di spiegare come i limiti fra i due territori non era rappresentato dai confini amministrativi ma da un albero, indicato da antichi accordi.
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