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di redazione
Caltanissetta, 10 ott. – Sara’ una commissione
d’inchiesta nominata dal Comune a far chiarezza su un immobile
che a Gela (Caltanissetta) venne utilizzato come covo
dall’organizzazione mafiosa della Stidda negli anni Novanta e
che ora, seppur parzialmente confiscato, continua ad essere
abitato dagli originari proprietari. Nell’immobile di via
Giacomo Amato, nel quartiere periferico di “Settefarine”, venne
pianificata la strage del 27 novembre 1990, otto morti e sette
feriti. Lo stabile appartiene a Crocifisso Lauretta, ex boss
della mafia gelese e alla moglie Lucia Cosenza, e attualmente
vi abitano le figlie.
L’edificio, gravato da un ordine di demolizione mai
eseguito e oggetto di una richiesta di sanatoria, doveva
diventare un centro sociale ma il progetto si e’ arenato. Il
caso e’ scoppiato dopo che il municipio ha ricevuto una
comunicazione dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalita’ organizzata. Il Comune dovra’ accertare se vi
siano responsabilita’ interne e complicita’ che hanno permesso
alla famiglia Lauretta di ottenere gli allacci di luce e acqua.
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