Mafia e affari: sequestro patrimoniale al Direttore del servizio veterinario dell’ASP di Palermo

I rapporti economici con Salvatore Cataldo, boss di Carini condannato nel 2012 per associazione mafiosa e attualmente detenuto hanno portato ad un sequestro patrimoniale ai danni di Paolo Giambruno, direttore del Dipartimento di prevenzione veterinario dell’Asp e presidente dell’Ordine dei veterinari di Palermo. Il provvedimento è stato deciso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, su proposta del della Procura che ha accusato Giambruno di “interposizione fittizia di beni aggravato dall’avere agevolato esponenti di Cosa nostra”.
Le indagini hanno preso il via dalla denuncia di un medico che segnalava irregolarità di vario genere nella gestione del Dipartimento veterinario dell’ASP e, attraverso una serie di intercettazioni telefoniche e acquisizioni documentali, si sono progressivamente allargate, fino a coinvolgere 29 persone, fra dipendenti dei Dipartimento, allevatori e altri soggetti che sono venuti in contatto con Giambruno il quale, secondo l’accusa, si sarebbe anche prodigato per evitare che i beni di Cataldo finissero sotto sequestro.
L’indagine penale prefigura anche i reati di abuso d’ufficio, concussione, falso ideologico, truffa aggravata e commercio di sostanze alimentari nocive. Sempre secondo l’accusa il veterinario avrebbe favorito un allevatore, definito “senza scrupoli”, per la commercializzazione di capi di bestiame infetti, bloccati grazie al tempestivo intervento della Polizia Giudiziaria. Ci sarebbero inoltre presunte false certificazioni rilasciate dal Dipartimento veterinario per consentire ad una azienda di prodotti dolciari di Carini e ad una di prodotti ittici di Lampedusa di poter esportare la merce all’estero, senza possedere i requisiti necessari.
Sotto sequestro sono finiti conti correnti, titoli bancari, la società Penta Engineering Immobiliare srl con sede a Palermo, la Unomar Srl di Carini, Marina di Carini srl con sede legale a Palermo. Gli intrecci economici tra Cataldo, Giambruno e alcuni familiari del direttore veterinario sarebbero stati ricostruiti attraverso la mole di documenti sequestrati nel corso delle perquisizioni a casa e nell’ufficio di Giambruno: atti di compravendita di beni mobili e immobili, cessioni di quote societarie, verbali di assemblee, e tutta una serie di atti relativi all’attività ordinaria e straordinaria delle società sequestrate.
Gli inquirenti ritengono che il sodalizio utilizzasse la capacità intimidatoria di Cataldo sul territorio di carini e la capacità economica di Giambruno, per concludere affari vantaggiosi.
Tra i numerosi titoli di credito sequestrati nell’abitazione del direttore del Dipartimento veterinario, ci sono pure quelli emessi da una società di Carini, riconducibile alla famiglia mafiosa dei Pipitone, con la quale il dipendente pubblico avrebbe concluso un affare immobiliare e quelli riguardanti uno stabilimento industriale a Carini, comprato a due milioni e 600 mila euro e rivenduto a tre milioni e 250 mila. Anche in questo caso l’affare sarebbe stato gestito da Cataldo e “garantito” con gli assegni di Giambruno.