Mafia, Csm alle Camere: “Togliere i figli ai boss”
Il coinvolgimento dei figli, anche piccoli, da parte di soggetti mafiosi, nelle attività criminali dei clan, è un fenomeno purtroppo molto diffuso nel Sud Italia. Per non parlare di quei boss, che arrivano addirittura ad ordinare l’uccisione dei propri figli, se disubbidiscono alle regole delle organizzazioni mafiose. Un esempio eclatante è quello del boss Pino Scaduto, che ha ordinato l’uccisione della figlia, rea di essersi innamorata di un carabiniere.
In molti casi i tribunali dei minori, di diverse città del Meridione, hanno disposto l’allontanamento dei figli dei mafiosi dai genitori, dichiarando decaduta o comunque limitando la potestà genitoriale dei capi mafia. In questo la città di Reggio Calabria detiene un triste primato. Seguono Napoli e Catania.
Una legge ad hoc
Queste evidenze hanno portato il Consiglio Superiore della Magistratura a rivolgere un appello alla Camera e al Senato, affinchè venga varata una legge, che introduca la pena accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale per i condannati per i reati associativi di tipo mafioso, che indottrinano i loro figli, coinvolgendoli nei loro affari illeciti.
L’appello alle Camere
«La famiglia mafiosa, – si legge nella risoluzione approvata dalla Sesta Commissione e all’esame del plenum – agendo in spregio ai propri doveri di educazione e salvaguarda del minore, finisce per essere una famiglia maltrattante, nei cui confronti deve essere operata una vera e propria cesura, nello stesso modo in cui si interviene nei confronti dei genitori alcolisti o tossicodipendenti». Il documento è indirizzato ai presidenti delle Camere, alla Commissione parlamentare antimafia e al ministro della Giustizia.