Mafia: confiscati 25 milioni di beni a imprenditore messinese

Confiscati beni per 25 milioni, tra aziende, immobili, auto e conto correnti, all’imprenditore Antonino Lamonica, accusato di contiguità con esponenti di spicco di gruppi mafiosi operanti nella fascia tirrenica-nebroidea della provincia di Messina. Il provvedimento è del Tribunale di Messina che ha accolto le richieste del sostituto procuratore Vito Di Giorgio e del procuratore Guido Lo Forte. A carico dell’uomo è stata inoltre stabilita la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni. Il Tribunale ha dunque accolto le conclusioni dell’attività di investigazione patrimoniale della Dia di Messina che, insieme alla procura, ha anche valorizzato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano, ex capo dei Mazzarroti.
In un passaggio del provvedimento emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Messina, il pentito Bisognano, nel ricostruire gli assetti mafiosi nella zona di Barcellona tra il 1980 e il 2008, ha sottolineato che Lamonica, grazie alla contiguità con esponenti di Cosa nostra, era riuscito a mettere le mani sugli appalti pubblici nella zona compresa tra Caronia e Santo Stefano di Camastra, come il completamento dell’autostrada Palermo-Messina e la metanizzazione di alcuni Comuni nebroidei. In cambio versava alla cosca una parte dei guadagni. Lamonica, attraverso la Eco Service Srl, aveva intrattenuto dal 2007 numerosi rapporti di affari con diverse imprese di Trapani e Palermo. Per Il Tribunale di Messina sarebbe stato “contiguo a sodalizi mafiosi presenti nella zona nebroidea della provincia di Messina che agisce secondo i consueti canoni dell’intimidazione e della prevaricazione, mirando ad inserirsi a pieno titolo nella costruzione dell’autostrada Messina-Palermo, tra Furiano e Santo Stefano di Camastra, ottenendo indebiti benefici economici che riuscivano a imporre sul mercato in spregio alle regole della libera concorrenza, come dimostrato dall’episodio dell’estorsione ai danni del Consorzio Caronia Uno”. Così da porsi “da tempo a capo di un consolidato gruppo con interessi anche extra-regionali e un vorticoso fatturato annuale”.