Catania, 27 nov. Sono 24 le persone arrestate nel corso dell’operazione che ha visto in campo oltre 150 militari del comando provinciale della guardia di finanza di Catania. I ventiquattro arrestati sono indiziati per associazione per delinquere di stampo mafioso, ricettazione e detenzione di armi, estorsione, danneggiamento e incendio doloso, usura, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, evasione e rapina a mano armata.
L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania ed eseguita dal Nucleo di polizia tributaria, ha avuto principalmente ad oggetto le plurime attivit’ illecite gestite dal gruppo capeggiato dalla famiglia Zucchero, noto come ‘gruppo della stazione’, facente parte della cosca ”Santapaola – Ercolano”.
Le attività investigative hanno consentito di accertare che il capo storico del clan, Giuseppe Zucchero, nonostante la detenzione in carcere, ha continuato, nel tempo, a guidare le attività illecite del suo gruppo, impartendo disposizioni ai parenti durante i colloqui carcerari. Dalle indagini ‘ emerso un capillare ricorso al ”pizzo”, richiesto a tappeto a tutti i commercianti della zona di influenza ed anche fuori dalla provincia etnea. Inoltre, per fare fronte alle sempre maggiori necessit’ economiche dei membri del clan (alcuni dei quali detenuti), gli associati hanno rivolto alle vittime richieste di denaro sempre maggiori.
Chi non sottostava alle richieste subiva ripercussioni e violenze di varia natura: in un caso è stato documentato l’incendio dell’autovettura di una vittima e le istruzioni specifiche su come attuare questo tipo di intimidazione fornite dal carcere dallo stesso capo storico del gruppo.
L’attività del clan per reperire risorse è stata posta in essere anche con l’organizzazione di alcune rapine a mano armata non solo nel territorio catanese, ma anche in altre regioni: erano state anche progettate nei minimi dettagli, ma poi non sono state portate a compimento, le rapine a un ufficio postale di Faenza e ad una gioielleria in provincia di Reggio Calabria. Inoltre, il clan, per incrementare gli introiti, ha ampliato il proprio raggio d’azione con nuove attività illecite, in particolare avviando il ”recupero crediti”.
Alcuni creditori, anche usurai, per poter ottenere in maniera più rapida ed efficace la restituzione del denaro dato in prestito, si rivolgevano a mafiosi che ottenevano immediatamente quanto richiesto, trattenendo una parte dell’importo riscosso come provvigione per l’attività svolta. Anche lo spaccio delle sostanze stupefacenti rientrava tra le attività più remunerative per il sodalizio. In questi casi, lo smercio avveniva reclutando persone estranee al clan al fine di far ricadere su altri il rischio delle eventuali conseguenze in caso di controlli di polizia.
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