Mafia. Addio Pizzo 5, 17 condanne per il clan Lo Piccolo

Un altro duro colpo è stato inferto al clan dei Lo Piccolo dal giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Matassa che ha condannato diciassette dei diciotto imputati al processo denominato Addiopizzo 5…

{jumi [code/google200x200.html] }

di redazione

Un altro duro colpo è stato inferto al clan dei Lo Piccolo dal giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Matassa che ha condannato diciassette dei diciotto imputati al processo denominato Addiopizzo 5. L’unico assolto è Salvatore Vitale che è stato subito scarcerato. Era in cella dal 13 dicembre del 2010, giorno del blitz della Squadra mobile e della sezione Criminalità organizzata della polizia. Questi gli imputati e le condanne: Salvatore Cataldo 10 anni, Filippo Catania 4, Giovanni Cusimano 6, Gaetano Ciaramitaro 6, Gaspare Di Maggio 10, Lorenzo Fazzone 4 anni e 8 mesi, Edoardo La Mattina 2 anni in continuazione con una precedente condanna, Giuseppe Lo Verde 8, Tommaso Macchiarella 4, Sergio Messeri 8, Gioacchino Morisca 5 anni e 4 mesi, Giorgio Pillitteri 6, Vincenzo Pipitone 6, Carlo Puccio 8, Francesco Puglisi 6, Gaspare Pulizzi 2, Massimo Giuseppe Troia 5 anni e 4 mesi. Si tratta dell’ultima tranche di un processo che ha già visto condannare decine di presunti mafiosi. Il blitz spazzò via gli ultimi residui dell’esercito dei boss di San Lorenzo. A coordinare le operazioni il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Francesco Del Bene, Marcello Viola, Anna Maria Picozzi, Lia Sava, Gaetano Paci. Gli investigatori decriptarono gli ultimi segreti trascritti nei pizzini trovati al capomafia nel covo di Giardinello. Emergeva lo spaccato di tutti i reati tipici del repertorio mafioso: dalle estorsioni al traffico di droga, dall’intestazione fittizia di beni alla detenzione di armi. Come ad esempio il pizzo imposto agli imprenditori impegnati nella ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bichelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi. L’attenzione dei boss si sarebbe anche concentrata su nuovi business, come nel caso di ‘O sole mio’, il centro benessere in via Libertà, all’angolo con piazza Castelnuovo, di Filippo Catania già condannato per favoreggiamento ma assolto dalle accuse di mafia e intestazione fittizia di beni. Dietro il centro benessere, secondo l’accusa, ci sarebbero i soldi del boss di Resuttana Giovanni Bonanno. Un lavoro certosino quello degli investigatori, aiutati dalla collaborazione di qualche vittima del racket. Il Gup Lorenzo Matassa ha condannato gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Cento mila euro ciascuno per Regione, Ministero, Presidenza del Consiglio, Comune e provincia di Palermo. Cinquanta mila euro per le amministrazioni di Cinisi, Terrasini e Capaci. Venti mila euro ciascuno alle associazioni Addiopizzo e Libero Futuro.