Fa meno rumore dell’acquisto di un “top player” ma in prospettiva può essere più utile ed importante di un singolo giocatore. Lui campione lo è dietro la scrivania con i fatti, con la sua storia, con il suo curriculum che parla e racconta tanto. Parliamo di Pietro Lo Monaco, nuovo amministratore delegato plenipotenziario rosanero nominato dal presidente Maurizio Zamparini. L’ennesimo colpo di scena o di teatro secondo molti di un padre padrone che continua ad essere schiavo dei suoi vizi e delle sue manie di protagonismo. Grande colpo che può finalmente assestare la società e farla tornare a livelli di eccellenza in Italia secondo altri, in una stagione che non fa intravedere nulla di buono. Gli orizzonti sono cupi e tempestosi, la classifica lo testimonia, e anche un grande “top manager” come Perinetti ha probabilmente fallito in una piazza che brucia figure professionali così come le lancia.
Zamparini e Lo Monaco si sono incontrati a metà strada. Voglia di dare una sterzata da un lato affidandosi ad un dirigente sicuro e capace con la voglia dichiarata (reale?) di farsi da parte da un lato, desiderio di rivincita in una grande piazza di A dopo le delusioni con presidenti come Pulvirenti e Preziosi dall’altro. Il patròn rosanero seguiva da parecchio Lo Monaco. Già dai tempi del Catania apprezzava il modo di far calcio del dirigente campano e anche quando il divorzio con gli etnei è diventato realtà, l’idea di prenderlo era ben presente. Ma era tardi visto l’ormai deciso ingresso di Perinetti. Un mercato asfittico ed un inizio di stagione inglorioso hanno fatto il resto.
{jumi [code/google200x200.html] } Ma chi è veramente Pietro Lo Monaco? La storia ed i risultati parlano per sé. Come ama ricordare spesso prese il Catania insieme a Nino Pulvirenti con sei giocatori di proprietà ed indebitato fino al collo. In otto anni lo ha portato a sfiorare l’Europa, ad avere un centro sportivo fra i più all’avanguardia in Europa e con i bilanci sempre in attivo. Fare calcio al Sud – annota spesso – è sempre più complicato rispetto al Nord. È vero, lo dimostrano le grandi battaglie scatenate col palazzo per la vicenda Raciti nel 2007 quando gli incidenti del derby portarono alla morte dell’ispettore e ad una squalifica lunghissima del Massimino per la cosiddetta “responsabilità oggettiva”. Senza dimenticare gli scontri con la classe arbitrale, coi poteri forti e coi grandi personaggi del calcio come Mourinho e Conte. Carattere duro, spigoloso, forte quello di Lo Monaco, grande pregio per un verso, vero difetto per un altro. Personaggio spesso oltre le righe come quando lasciò Catania lo scorso maggio non mandandole a dire al presidente Pulvirenti per motivi mai realmente rivelati.
Grandi capacità gestionali da un lato con bilanci sempre in attivo ma anche tecniche dall’altro. A lui si devono le scoperte di giocatori come Vargas, Maxi Lopez, Silvestre, Mascara, Biagianti, Barrientos, Lodi, Gomez e tecnici come Marino, Zenga, Mihaijlovic, Simeone e Montella. Quasi tutti valorizzati e poi lasciati andare via verso un futuro radioso. Re del sudamerica (il Catania è stato ed è ancora la squadra più argentina d’Europa), Lo Monaco raramente sbaglia un acquisto da quelle parti appoggiandosi su solidi osservatori o andando per un periodo dell’anno a visionare lui stesso i giocatori. Ma la vera bravura è quella di riuscire a prendere calciatori per una manciata di soldi e poi valorizzarli. A Catania ha avuto pieno ed ampio raggio d’azione grazie ad un presidente (Pulvirenti) che lo ha fatto lavorare in pace senza mai intervenire sull’operato. Scelta azzeccata e società che grazie al “gatto e la volpe” è cresciuta in maniera lenta ma sensibile. Zamparini ha dichiarato di volersi defilare per sei mesi e conoscendo Lo Monaco scommettiamo che non basteranno. Il tempo sarà la maggior risorsa di cui avrà bisogno il nuovo ad palermitano. Centro sportivo e stadio incombono ma prima c’è lo scudetto della salvezza da conquistare, il primo passo per costruire una società solida.
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