Si chiama Fabrizio Geraci ed è un impiegato 41enne dell’ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù: la sua vita è stata sconnvolta in un giorno di giugno dello scorso anno quando l’auto su cui viaggiava insieme con la moglie, Enza Potestio, avvocato di 39 anni e la figlioletta Sofia volò dal viadotto Sacchitello dell’autostrada A19, schiantandosi una quindicina di metri più sotto.
Vanni i soccorsi per la donna e la bimba, lo stesso Geraci rimase per un mese fra la vita e la morte fino al progressivo recupero culminato con la fase di riabilitazione proprio all’ospedale di Cefalù, dove è tornato a lavorare per superare una quotidianità fatta di ricordi struggenti.
L’indagine per accertare le cause dell’incidente è ancora in corso, con i tempi della giustizia, e Fabrizio risulta indagato per omicidio colposo: un atto dovuto visto che era lui a guidare una delle due auto coinvolta nello scontro.
Pioveva quel maledetto giorno di giugno e la famiglia Geraci tornava dall’Oasi di Troina, una struttura specializzata in provincia di Enna dove la piccola Sofia seguiva un trattamento di riabilitazione.
Nel racconto di Geraci c’è solo una ipotesi sulle cause dell’incidente, perché l’uomo non ha ncora recuperato la piena memoria di quei giorni: una Renault Megane che precedeva che la Nissan Qashqai, intestata al padre di Fabrizio, forse a causa dell’asfalto viscido ha cominciato a sbandare rimbalzando sul guardrail. Dopo lo scontro il fuoristrada ha superato le barriere di protezione precipitando nella scarpata.
Come spesso avviene dopo una tragedia, adesso l’altezza del guardrail è stata aumentata ma intanto Enza e Sofia non ci sono più.
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