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di redazione
Palermo, 7 nov.- La Guardia di Finanza di Palermo ha pequisito le sedi di alcune società che hanno fornito sabbia e pietrisco per la costruzione del Porto di Licata (Agrigento). La Procura della Repubblica del capoluogo ipotizza un giro milionario di fatture false, emesse da alcune ditte di Ravanusa e Licata per giustificare la provenienza di materiale da cava, estratto in modo abusivo e fatto confluire presso il cantiere del Porto turistico licatese. Il pm Andrea Maggioni ha fondato le perquisizioni sull’ipotesi che il materiale da scavo provenga dallo sfruttamento abusivo di alcune cave a opera di imprese della provincia. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Agrigento, hanno l’obiettivo di contrastare sia i reati di natura ambientale, che hanno di fatto portato a un impoverimento e a uno sfregio paesaggistico del territorio dell’agro licatese, che quelli rientranti nello specifico comparto fiscale e tributario. Le investigazioni hanno tratto origine da un controllo eseguito presso una cava abusiva, nel mese di marzo da parte del Distretto Minerario di Caltanissetta e della Polizia locale e della Guardia di Finanza di Licata. Le perquisizioni, per le quali sono stati impiegati una ventina di finanzieri, sono state estese anche ad alcuni consulenti e hanno portato al sequestro di documentazione contabile e di molti computers; circa questi ultimi, l’Autorità Giudiziaria ha conferito una consulenza tecnica, ma si ritiene che con la collaborazione delle imprese gli stessi verranno restituiti nei prossimi giorni, per evitare interruzioni delle attività.
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