Vorrei porre una umile riflessione. Seguo con un coinvolgimento molto sofferto le polemiche di questi giorni, a proposito del mio ritrovato impegno politico, nella DC Nuova.
Ho tanta dolorosa amarezza nel vedere travolti i sentimenti e i propositi di giustizia che ho nell’animo. È una sofferenza che nasce da diverse ragioni.
In primo luogo, la consapevolezza di aver commesso errori.
Poi il constatare come il mio agire pubblico possa rinnovare sentimenti di dolore e indignazione, specie in coloro che dalla mafia sono stati colpiti con violenza indicibile negli affetti familiari.
Infine, l’inestirpabile convincimento, che con il carcere ho visto consolidarsi, per il quale la funzione rieducativa della pena, solennemente proclamata dalla Costituzione, non può essere ridotta ad una pura evocazione di principio. La rieducazione non può restare distante nel determinare le effettive condizioni di vita, personale e sociale di chi ha saldato il proprio debito con la giustizia.
È proprio questa la molla che mi sostiene moralmente nell’attuale azione politica. È un impegno che debbo a me stesso, riconoscendo come quella “politica” sia dimensione costitutiva e inalienabile della persona e se quest’ultima viene restituita alla società al termine di una pena non può essere costretta, in barba al buon esito del percorso educativo seguito, ad una sorta di mutilazione esistenziale.
Penso ai tanti compagni di cella che ho conosciuto e che a questa possibilità redentiva guardano con totale sconforto e corrosivo
scetticismo, schiacciati come sono dalle tante falle di un sistema carcerario per il quale l’Unione Europea non cessa di bacchettarci.
Guardo soprattutto ai tantissimi giovani e alle tante donne che sto incontrando in questi mesi senza nascondere la mia storia.
La mia decisione non nasce dalla mia forza di volontà, nasce dallo stupore al cospetto di tante persone che mi hanno fatto dire sì. C’è una creatura che vive con me e tutte le persone mi chiedono di lui e vogliono che io lo mostri. Questa creatura straordinaria è il cuore umano. Da lui ho imparato a vivere, perdonando e amando. È l’amore vero, concreto, è l’amore delle persone per le persone che dà senso e valore alla vita.
Senza questo non si cambia la politica. Io non vogli che restino solo memoria le persone, i fatti e le storie per cui mi sono speso, e quel tempo non può essere stato inutile e non può morire, sia quello felice che quello nella sofferenza. Io, con tutti i miei errori e i miei limiti, sono la sostanza di queste persone e di questo tempo e non posso accettare, e nessuno può chiedermelo, la morte dentro il cuore. Ci sono dei doni che la vita ci ha dato che nessuno può toglierci, e tra questi c’è la “vera libertà” ed essa non consiste soltanto nella scelta tra ciò che è “diritto” e ciò che è “dovere” ma consiste soprattutto nel rispondere al monito della nostra coscienza.
La mia esperienza mi dice che più il dialogo con la coscienza è vero più l’identità è chiara, un formidabile bagaglio al quale non intendo affatto rinunciare.
Lo reputo decisivo per fronteggiare le sfide gravie complesse che il presente e il futuro ci mettono di fronte, a partire dal sostenere con ogni mezzo il radicale inflessibile contrasto verso qualsiasi forma criminale e mafiosa di condizionare la libertà dell’uomo, delle istituzioni, della società, dell’impresa. Questo è quello che oggi voglio testimoniare con la mia partecipazione in politica e non chiedo plausi ma semplice rispetto.
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