Legge Zan: sabato 17 ottobre Palermo si mobilita #DALLAPARTEDEIDIRITTI
Sabato 17 ottobre dalle 17 alle 20 in piazza Verdi a Palermo associazioni, movimenti e liberi cittadini e libere cittadine aderiscono alla mobilitazione “Dalla Parte dei Diritti” che vede le piazze di tutta Italia teatro di sit in e manifestazioni per l’approvazione del testo di legge che riunifica cinque ddl (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni e Bartolozzi) in contrasto di omolesbobitransfobia e misoginia: i lavori riprenderanno il prossimo 20 ottobre in Parlamento con il voto sulla pregiudiziale di costituzionalità, come richiesto dai gruppi parlamentari di Lega e Fratelli d’Italia.
A distanza di trent’anni dal primo tentativo di fare una legge a tutela delle persone Lgbt+ portato avanti da Ivan Scalfarotto, le associazioni e i movimenti si schierano in un fronte unito “È tempo: vogliamo vivere e amare liberi e libere dalla paura” spiegano i portavoce delle realtà che andranno ai piedi del Teatro Massimo: Palermo Pride, Arcigay Palermo, Amnesty, Non una di meno, A Sud, Ali D’Aquila, Agedo, Babel, Cantieri Culturali alla Zisa, Famiglie Arcobaleno, Felici nella Coda, Forum Antirazzista, Godere al Popolo, Gruppo Anarchico Sakalash, Noi Siamo Chiesa, Rete Studenti Medi, Sism, Spazio Franco, Uaar, Udu, UniAttiva e Volt. “È ora che l’Italia faccia la sua parte nel contrasto alle discriminazioni e alle violenze basate su sesso, orientamento sessuale e identità di genere ed è fondamentale che lo faccia adesso: in un momento in cui è tornata centrale la questione della salute come diritto primario, è importante che entri nel dibattito politico il principio che la libertà e la possibilità di esprimere pienamente la propria identità sono presupposti essenziali del benessere personale e collettivo e quindi della salute individuale e sociale”.
La mobilitazione, che si svolge in contemporanea su tutto il territorio nazionale, è costruita per sensibilizzare Parlamento e Governo in modo che approvino entro ottobre una legge seria ed efficace che includa vari aspetti del contrasto alla discriminazione e alla violenza: non solo sanzioni e punizioni, anche educazione, formazione, cultura, protezione.
“L’aumento di episodi di violenza contro le persone Lgbt+ registrato negli ultimi mesi impone una presa di posizione da parte delle istituzioni e della comunità tutta – dice Marco Ghezzi, presidente di Arcigay Palermo – Non è più tempo di rimandare o modificare vergognosamente una legge che si attende da oltre trent’anni. Non è più tempo di giochi a ribasso sulla vita delle persone”. Tuttavia “L’aspetto penale di questa legge restituisce solo parzialmente la gravità nella fattispecie dei reati che configura – sottolinea Pietro Pitarresi, coordinatore del Palermo Pride – ma questo non basta al miglioramento delle condizioni di vita della nostra comunità e della società tutta: è necessario intervenire positivamente negli spazi scolastici e formativi a partire dalla scuola primaria”.
Interventi quindi che partano dalle scuole e dagli Atenei: attività di formazione inclusive per il personale e per gli studenti e le studentesse che, sin dalla tenera età, oggi si confrontano per esempio con libri di testo obsoleti. Udu, Unione degli universitari aderisce affinché lo stato garantisca l’affermazione dei diritti di tutti e tutte a partire dal mondo accademico e scolastico, rendendo nulle le disuguaglianze che oggi esistono in questi contesti come nella società civile relativamente a condotte misogine e omolesbobitransfobiche.
“Una delle priorità dello Stato – affermano i portavoce di Udu – non può che essere quella di garantire la corretta partecipazione all’istruzione e rendere tutti uguali nei diritti”. “È necessaria una tutela di studenti e studentesse a 360 gradi – sottolineano i portavoce della Rete Studenti Medi – riteniamo fondamentale educare tutta la componente scolastica attraverso una forma di educazione sessuale completa, aggiornata e di conseguenza pro-Lgbt+”. Al centro anche le strutture sanitarie come sottolinea il Sism, associazione apartitica di studenti in medicina e chirurgia, che esorta a “Non strumentalizzare questa importante iniziativa di miglioramento della formazione medica che trascende i colori dei singoli partiti e delle rappresentanze studentesche”.
Amministrazioni pubbliche e mondo del lavoro d’altro canto sono anche essi spazi negati e discriminanti per le persone Lgbt+, in particolare per le persone trans, mentre il sottobosco di associazioni, case rifugio e centri antiviolenza boccheggia in mancanza di un sostegno pubblico reale.
“L’approvazione della Legge Zan costituirebbe un importante precedente perché per la prima volta sarebbe giuridicamente riconosciuta la vulnerabilità sociale delle vittime di omlesbobitransbifobia e misoginia – commenta ancora Pitarresi – per tale ragione abbiamo la necessità di tornare in piazza a ribadire che tale momento non può essere caratterizzato da un gioco al ribasso rispetto alle richieste fatte negli anni. Non possiamo accettare l’idea che punire sia la strategia sul lungo periodo, bisogna garantire un sereno sviluppo educativo e relazionale implementando le attività e gli spazi di educazione alle differenze perché è solo così che possiamo costruire una società in cui l’intervento non è meramente punitivo, ma orientato sia a garantire la serenità dei/delle minori sia alla prevenzione degli episodi di violenza di genere e discriminazione, tenendo bene a mente che questo rappresenta un bene comune”.
Omolesbobitransfobia e misoginia: una realtà quotidiana in Italia.
L’omolesbobitransfobia e la misoginia sono una realtà quotidiana nel nostro Paese e lo rivela l’ultima ricerca condotta dall’Agenzia europea dei Diritti Fondamentali che evidenzia come il 62% delle persone Lbgt+ in Italia eviti di tenere pubblicamente per mano la persona amata e come il 30% non frequenti alcun luogo pubblico per paura di subire aggressioni. Il 23% dichiara di aver subito discriminazioni sul lavoro, il 32% di aver subito almeno un episodio di molestia nell’ultimo anno e l’8% un episodio di aggressione fisica negli ultimi 5 anni. Episodi denunciati solo da una persona su 6.
“La crisi sociale e sanitaria che ci sta investendo aggrava la situazione di numerose esistenze precarie – dice ancora Ghezzi – occorre una legge che tuteli le vittime di odio omobilesbotransfobico, occorrono misure preventive di contrasto all’odio e al bullismo a partire dalle scuole, occorre una soluzione a lungo termine per tutti i/le ragazzi/e che vengono buttati fuori di casa per il loro orientamento sessuale e/o identità di genere. Occorrono risposte e occorre averle subito”.
Una questione di impatto sociale, culturale ed educativo.
La commissione di bilancio del Senato ha appena approvato il finanziamento annuale di 4 milioni di euro per il sostegno ai centri accoglienza e alle case rifugio, parte integrante del ddl il cui primo firmatario è l’onorevole Alessandro Zan (Pd): una buona notizia, ma sono fondi che potrebbero non essere sufficienti a coprire gli interventi realmente necessari al contrasto della discriminazione di matrice omofobica e misogina.
“Ricordiamo che per un efficace contrasto all’omolesbobitransfobia è necessario un lavoro culturale – dicono ancora i portavoce delle associazioni – quindi interventi efficaci di formazione in tutto il settore educativo: dalle scuole, all’università fino alla formazione professionale, è necessario includere sia il personale che i corpi studenteschi in maniera organica prevedendo corsi di educazione all’affettività, rimuovendo dai programmi i libri di testo obsoleti legati a una obsoleta visione dei generi, delle identità e degli orientamenti sessuali”.
Non manca l’attenzione a interventi di formazione del personale sanitario e della pubblica amministrazione, spesso discriminante soprattutto nei confronti delle persone trans e verso i centri contro le discriminazioni, che secondo la proposta di legge devono garantire adeguata assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale e dove necessario adeguate condizioni di alloggio e di vitto alle vittime: è tempo che siano sostenuti realmente e non solo simbolicamente.
“Per questa ragione lo stanziamento previsto dalla legge non è sufficiente – spiegano i portavoce delle associazioni – dal momento che la cifra (4 milioni di euro all’anno) basterebbe, forse, a sostenere gli attuali tre centri già esistenti, ma non certo a creare ex novo centri nelle diciassette regioni attualmente scoperte da assistenza, tra cui la Sicilia”. Non solo associazioni e movimenti che lavorano per i diritti delle persone Lgbt+, anche studentesche, animalisti, circoli e collettivi: Amnesty International Sicilia ritiene che nuove misure di prevenzione e contrasto a omofobia, transfobia, misoginia e violenza di genere non possano e non debbano più attendere, Non Una di Meno aderisce denunciando la violenza patriarcale in tutte le sue forme e rivendicando per tutte e tutti la libertà di decidere sul proprio corpo, sulle proprie scelte e sui propri desideri. L’associazione animalista Felici nella Coda aderisce perché ritiene che la difesa dei diritti umani sia imprescindibile perché diventi affermazione dei diritti dei viventi.
“Siamo convinti che prevedere l’istituzione di tutele delle vittime di reati di discriminazione, già previste per motivi razziali e/o religiosi, anche per motivi di orientamento sessuale e identità di genere sia un provvedimento assolutamente necessario in un paese civile – commenta UniAttiva – Violenza e discriminazione non sono mai un’opinione”.
ll Circolo Unione Atei e Agnostici Razionalisti di Palermo non può che schierarsi perché da oltre trent’anni si batte per una società laica, fondata sulla razionalità e la compassione, antitetica alle discriminazioni omolesbobitransfobiche e misogine. Il collettivo Lgbt+ Godere al Popolo aderisce “Perché serve una legge, serve un riconoscimento di responsabilità della società italiana: la misoginia e l’omolesbobitransfobia esistono, uccidono, violentano, umiliano e avvelenano la salute e le vite di tante e tanti”.
A partecipare in Sicilia anche Agrigento, Bagheria, Catania, Messina. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito www.dallapartedeidiritti.it dove è anche possibile firmare la petizione per l’approvazione del ddl.