Le bocciature di Crocetta e l’ arma “finale”di Renzi

Al cronista che si occupa di politica regionale sorge il legittimo dubbio di scrivere sempre lo stesso articolo, cambiando solo fatti e personaggi. L’ennesima sentenza sfavorevole del TAR, questa volta del Lazio, pone l’urgente problema di capire come mai il sedicente governo della legalità sia quello che ha collezionato il maggior numero di bocciature nella storia dell’Autonomia.
Poiché riteniamo che l’anelito di legalità di Crocetta sia complessivamente sincero, al netto di qualche forzatura consapevole in favore del “cerchio magico,” abbiamo elaborato una nostra personale teoria: il Presidente della Regione pratica una legalità avulsa dal diritto.
Ritiene cioè che ciò che lui pensa sia giusto è anche legale, a prescindere da norme e regolamenti.
Il pronunciamento del TAR del Lazio ha accolto il ricorso dell’avv. Zappalà, estromesso dal CGA e sostituito da Crocetta con Bufardeci, già sindaco di Siracusa e vice Presidente della Regione del centrodestra, prima della folgorazione crocettiana, e con Elisa Nuara, già vice di Crocetta, quando il nostro era sindaco di Gela.
Per il tribunale amministrativo Zappalà non doveva essere estromesso e, comunque, chi lo ha sostituito non aveva titoli superiori, anzi semmai il contrario.
La vicenda è istruttiva del modus operandi di Crocetta: Zappalà, nominato al CGA da Raffaele Lombardo (un altro che sulla discrezionalità delle nomine aveva pochi rivali) era stato oggetto di un parere negativo del Consiglio di Presidenza del CGA stesso “per carenza di requisiti”.
Quindi la decisione di Crocetta di estrometterlo e sostituirlo, poteva anche rispondere ad un principio di legalità.
Ma cosa ha fatto il Presidente “sciarriato” con il diritto? Ha nominato due esponenti politici che da una decina di anni avevano sostanzialmente abbandonato l’attività forense in favore di quella politica e, naturalmente, facevano parte della sua scuderia, da lungo o poco tempo che fosse.
Nessuno dei due aveva quei titoli accademici e quell’attività scientifica, la cui mancanza era stata addebitata a Zappalà, quindi, di fatto, Crocetta si è limitato a sostituire un uomo di Lombardo con due dei suoi. Una costante che si ritrova in tutte le nomine di Crocetta, dove la fedeltà e l’appartenenza superano di gran lunga i titoli e la competenza.
Ma quella del TAR del Lazio non è stata la sola tegola di giornata: il GIP Lorenzo Matassa ha, infatti, respinto la richiesta di archiviazione nell’indagine “contro ignoti” avviata dalla Procura di Palermo sul caso delle assunzioni a Sicilia e Servizi, già aggetto di un procedimento parallelo per danno erariale.
Secondo il giudice, dal rapporto della Guardia di Finanza emergono chiaramente i nomi dei responsabili delle assunzioni che quindi vanno iscritti nel registro degli indagati: ossia Crocetta, Ingroia, i sei assessori regionali che firmarono la delibera di giunta e l’allora ragioniere generale Mariano Pisciotta.
Le Fiamme Gialle hanno rimarcato la contraddittorietà delle scelte di Crocetta, il quale aveva messo in liquidazione la società definita un carrozzone clientelare creando, parallelamente, un corposo ufficio interno per gestire la telematizzazione delle attività amministrative.
Come è usuale nell’amministrazione, il tempo passò senza che nulla accadesse poi, improvvisamente, alla vigilia della scadenza della convenzione, Crocetta scoprì che da Sicilia e Servizi non si poteva prescindere e bisognava assumere in fretta e furia il personale del socio privato, per evitare il blocco di attività fondamentali.
Per aggirare la norma che vietava nuova assunzioni nella pubblica amministrazione, da lui stesso ribadita, il Nostro ricorse ad una deroga prevista dalla legge e riferita a “procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”.
Con il piccolo particolare che di questi bandi ad evidenza pubblica a Sicilia e Servizi non vi era traccia.
Il nuovo Faraone, emissario di Matteo I da Firenze, ha celebrato nei giorni scorsi la Leopolda dei programmi e del rilancio, ma non ha spiegato come pensa di farli realizzare a un governo che sconosce le procedure amministrative.
O forse ci ha pensato e sta lavorando per mandate tutti a casa, confidando nell’arma “finale” in mano a Renzi sul bilancio e sul buco nei conti.