Paola contro la Fondazione Alfa, a causa del licenziamento per giusta causa.
I fatti sono i seguenti: “In seguito all’accertamento della diffusione di un virus nella rete aziendale l’amministrazione del sistema informatico della Fondazione Alfa aveva eseguito un accesso sul computer della lavoratrice, appurando che nella cartella di download del disco fisso della (donna) era presente un file scaricato che aveva propagato il virus che, partito dal computer aziendale in uso alla lavoratrice, aveva iniziato a propagarsi nella rete della Fondazione, criptando i files all’interno di vari dischi di rete, rendendo gli stessi illeggibili e quindi inutilizzabili. In occasione dell’intervento venivano in rilievo numerosi accessi – da parte della lavoratrice – a siti che all’evidenza erano stati visitati per ragioni private, per un tempo lungo, tale da integrare una sostanziale interruzione della prestazione lavorativa”.
A mezzo lettera, vengono contestati a Paola:
i) l’impiego di mezzi informatici messi a disposizione dalla Fondazione per l’esecuzione della prestazione lavorativa a soli fini privati ed in violazione delle disposizioni impartite in ordine all’utilizzo degli stessi, nonché dei più elementari doveri di diligenza, correttezza e buona fede nell’esecuzione della prestazione;
ii) la sostanziale interruzione, nel periodo di riferimento, della prestazione lavorativa, visti tempi e quantità di navigazione per fini privati;
iii) l’aver causato, con il suo operato, gravi danni al patrimonio aziendale sia per la perdita dei dati, sia per l’impossibilità degli uffici della Fondazione di accedere alle cartelle elettroniche danneggiate per tutto il tempo necessario al ripristino del sistema;
iv) un comportamento recidivo.
Secondo la Corte di Cassazione, “sono CONSENTITI i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla TUTELA di beni estranei al rapporto di lavoro o ad EVITARE comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, PURCHÉ sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, SEMPRE CHE il controllo riguardi dati acquisiti SUCCESSIVAMENTE all’insorgere del SOSPETTO. Non ricorrendo le condizioni suddette la verifica della utilizzabilità a fini disciplinari dei dati raccolti dal datore di lavoro andrà condotta alla stregua dell’art. 4 I. n. 300/1970, in particolare dei suoi commi 2 e 3” (sentenza n. 25732 del 22.9.2021 della Sezione Lavoro).
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