C’è qualcosa che accomuna il lavoro di cronista a quello dell’inviato: è il metodo di lavoro che comporta informarsi su ciò che sta accadendo, leggere, approfondire, avere contatti con le persone che ti aiuteranno a comprendere i luoghi e i fatti di cui ci si dovrà occupare e raccontare, in modo semplice, un mondo complicato. A ciò va aggiunto un altro segreto professionale del giornalismo: occorre andare a casa la sera “con le tasche vuote”.
A spiegare in pillole il “metodo del giornalista” e a sottolineare che “avere un metodo è uno dei segreti del successo delle persone” è stato Salvatore Cusimano, direttore della sede siciliana della Rai, rivolgendosi agli studenti dell’I.P.S.S.A.R “P. Borsellino” di Palermo in occasione di un incontro organizzato ieri nell’ambito del progetto ‘Giovani cittadini attivi e consapevoli’.
Forte della sua lunga esperienza di cronista di nera e giudiziaria, Cusimano ha raccontato ai giovani cosa ha significato fare informazione sui fatti legati alla criminalità organizzata, in particolare qual è stata la visione che ha guidato la sua professione: “mi interessava far comprendere bene gli effetti della presenza sul territorio delle organizzazioni criminali e volevo cogliere le connessioni
Non, dunque, raccontare semplicemente i fatti di mafia, ma spingersi ad una analisi approfondita del fenomeno che non è spicciola delinquenza. Così come andavano in profondità nella lettura della realtà due siciliani protagonisti della lotta al crimine organizzato: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I due magistrati rientrano tra le poche persone che “hanno fatto della lotta alla mafia il loro impegno intellettuale quotidiano”, ed è grazie a professionisti come loro che oggi l’Italia dispone di normative antimafia tra le più avanzate al mondo.
“Hanno messo a punto non solo un’indagine – ha puntualizzato Cusimano – ma anche una normativa per abbattere questo fenomeno. E ciò ha consentito di ottenere risultati constanti nel tempo”. È in virtù di questi strumenti legislativi efficaci che, infatti, la mafia di oggi, rispetto a quella sanguinaria e stragista degli anni ’80 e ’90, è più debole, “più rarefatta” ed “è meno preoccupata di mostrare il proprio volto violento”.
La mafia dei nostri giorni “si mimetizza nelle istituzioni – ha chiarito il direttore di Rai Sicilia – con persone para-pulite, sia candidandole, sia attraverso il mondo delle professioni”. Bisogna, dunque, sempre preoccuparsi del fenomeno, ma occorre “cambiare gli strumenti rispetto a ieri”. Mentre prima il metodo più condiviso era la repressione, “credo che oggi l’intelligence sia lo strumento da privilegiare – osserva Cusimano”. E’ necessario, dunque, uno strumento di analisi della vita dei quartieri, degli ambienti professionali “per individuare chi sono le teste d’ariete al loro interno”.
L’incontro, realizzato nell’ambito del finanziamento ‘Giovani protagonisti di sé e del territorio – CreAZIONI Giovani’ dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali, è stato coordinato Giovanni Frazzica, presidente dell’associazione P.A.R.S.
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