Lavoro: da beni del demanio nuove opportunità per la Sicilia
Lavoro: da beni del demanio opportunità per la Sicilia – L’Agenzia per il demanio riparte dalla Sicilia e dal Sud Italia per rilanciare i suoi progetti per la riqualificazione e la messa a reddito dei beni dello Stato.
Trasformare un faro, un terreno, un’ex caserma o una torre da costo a risorsa, generando profitti per lo Stato e creando opportunita’ imprenditoriali per i privati: sono questi gli obiettivi di progetti come “Valore Paese Fari”, giunto al terzo bando, “Cammini e Percorsi”, “TerreVive” o come il Federal Building.
Il direttore dell’Agenzia, Roberto Reggi, nel corso di un forum dell’agenzia di stampa Italpress, ha fatto il punto sulle strategie per ottimizzare la gestione degli oltre 43 mila beni che fanno capo all’Ente, 32 mila fabbricati e 11 mila terreni, del valore di circa 60 miliardi di euro.
Lavoro: da beni del demanio progetti che stanno portando a buoni risultati
Progetti che stanno portando gia’ a buoni risultati. Soprattutto perche’ i beni da concedere in concessione sono parte di una rete e liberi da problemi catastali, documentali e urbanistici.
Il rapporto con le istituzioni e con i tempi indefiniti della burocrazia “bloccava gli imprenditori e gli investimenti”, spiega Reggi. “Abbiamo pensato che il primo passo da fare fosse quello di liberare i beni da ogni vincolo burocratico”. Cosi “siamo già al terzo bando per i fari, abbiamo avuto un successo straordinario. Ne abbiamo aggiudicati 24, molti dei quali al Sud: su 24 fari aggiudicati dodici sono in Sicilia. Abbiamo cosi’ trasformato quello che era un costo per lo Stato in una fonte di ricavi – dice Reggi – , perché da queste concessioni otterremo delle entrate, quelle legate alle locazioni, ma anche investimenti privati che porteranno posti di lavoro”.
Per la gestione e la manutenzione dei 24 fari l’agenzia del Demanio spendeva ogni anno 240 mila euro: “ora invece porteremo a casa 760 mila euro all’anno di canoni ma soprattutto 17 milioni di investimenti diretti e 60 milioni indiretti con tutte le attività connesse, con 300 nuovi occupati”, spiega Reggi.
“E parliamo appena di 24 strutture, in stato di degrado avanzato ma che si trovano in posti bellissimi. Insieme alla Sovrintendenza li abbiamo regolarizzati e abbiamo realizzato una consultazione pubblica che ha saggiato il mercato per poter scrivere bandi pubblici mirati sui potenziali investitori”.
Col terzo bando, l’Agenzia dara’ in concessione altri altri 17 fari, di cui sei in Sicilia. Un modello gia’ seguito in altri paesi europei, come Spagna, Croazia e Scozia. L’Italia e’ partita un po’ in ritardo, ma “oggi non siamo più la cenerentola d’Europa, anzi diventeremo i primi, perché in un paio d’anni avremo una cinquantina di strutture gia’ date in concessione”.
I fari ospiteranno strutture turistico-ricettive, ma non solo. Altri avranno finalita’ sociali: centri di formazione per bambini e ragazzi, osservatori del mare, spazi espositivi.
“Preferiamo dare più importanza alla qualità del progetto che all’offerta economica: nei primi due bandi davamo il 60 per cento del peso alla qualità del progetto e il 40 per cento all’offerta economica, nel terzo addirittura 70 e 30: conta il valore che l’iniziativa offre per lo sviluppo del territorio”, spiega Reggi.
In Sardegna, a Capo Spartivento, uno di questi fari – una volta in stato di abbandono – ospita adesso una struttura a cinque stelle. Cinque stanze appena, da mille euro a notte, 560 in bassa stagione: “Un giovane ha investito un milione e mezzo di euro ma fattura due milioni all’anno”, confida Reggi.
A Siracusa, invece, al faro di Punta del Pero “nascerà un centro per gli sport nautici per persone con disabilità motoria, sensoriale e relazionale”.
Visto il successo dei bandi sui fari, l’Agenzia ha deciso di puntare anche su altri beni, attraverso il progetto “Cammini e Percorsi”, che ha l’obiettivo di riqualificare e consentire il riuso di immobili pubblici situati lungo percorsi ciclopedonali e itinerari storico-religiosi come la Via Francigena, il Cammino di Francesco o di San Benedetto, la Via Appia, la Ciclovia Vento o Acqua, la Ciclopista Sole.
“Con la consultazione pubblica per ‘Cammini e Percorsi’ abbiamo ricevuto 25 mila manifestazioni di interesse per un centinaio di immobili, di cui circa 5 mila, il 20 per cento, dall’estero. E così ne abbiamo proposti altri 100 per il 2018 e 100 per il 2019.
Il primo blocco di 43 immobili, più piccoli, sono destinati prioritariamente a cooperative e associazioni di imprese costituite da under 40, con un canone pari zero: si valuta solo la qualità del progetto. I beni più grandi come le masserie, le case cantoniere o i castelli li metteremo a gara la settimana prossima e si valuterà anche l’offerta economica”.
Per Reggi il successo di questi bandi è legato “non solo al fatto di avere messo in rete i beni ma anche di aver risolto i problemi amministrativi. Gia’ all’indomani della firma della concessione possono partire i lavori. Del resto non si può pensare di dare al privato l’onere di curare la regolarizzazione catastale e urbanistica. Lo costringeremmo a peregrinare per anni da un ufficio all’altro”.
Un altro progetto in cantiere, “TerreVive”, nasce dalla collaborazione tra l’Agenzia e il Ministero dell’Agricoltura. L’iniziativa ha consentito la vendita e l’affitto di circa 5.500 ettari di terreni di proprietà pubblica, dei quali 2.480 ettari di terreni demaniali, 2.148 ettari di terre in uso al Corpo Forestale dello Stato e 882 ettari di terreni di proprietà del Centro per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura.
“In Puglia, nel brindisino – ha raccontato Reggi all’Italpress -, un giovane si è aggiudicato un terreno di 66 ettari con l’obiettivo di coltivare entro tre anni 20 mila quintali di melograni all’anno con un fatturato stimabile in due milioni di euro e 160 persone assunte a tempo indeterminato e determinato.
A Piazza Armerina, nell’ennese, un agricoltore ha acquistato un terreno di 17 ettari per impiantare grano e mandorle”. Peraltro “la gran parte dei terreni liberi si trova al Sud”.
L’Agenzia gestisce anche altri beni in disuso come palazzi, ex carceri, ex caserme o ex ospedali militari, ai quali si sta pensando di puntare per razionalizzare la spesa pubblica.
Affitti passivi: ogni anno spesi 800 milioni
“Ogni anno lo Stato spende tra gli 800 e i 900 milioni di affitti passivi e questi edifici vuoti possono diventare poli della pubblica amministrazione, consentendo di ridurre i costi. Di questi affitti 300 milioni sono ‘aggredibili’ mentre gli altri 600 milioni sono vincolati.
Trecento perché si tratta di presidi di pubblica sicurezza come stazioni di carabinieri, vigili del fuoco e guardia di finanza; gli altri 300 milioni legati a un provvedimento del 2004 del ministro Tremonti, che vincolò gli affitti per 18 anni. Dei 300 milioni di affitti aggredibili noi vogliamo abbatterne 200. Investiremo un miliardo e quattro per poi risparmiare 200 milioni all’anno”. Questo grazie al “Federal Building”. Nasceranno cosi’ poli amministrativi in cui si concentreranno più sedi di uffici pubblici “con operazioni di vera e propria rigenerazione urbana”.
Chieti “sarà la prima città d’Italia con affitti passivi zero, con tutte le istituzioni pubbliche in edifici pubblici”, dice Reggi.
Lavoro: da beni del demanio ricostruzione delle aree terremotate
L’azione dell’Agenzia si allarga anche alla ricostruzione delle aree terremotate, e in particolare alla messa in sicurezza e all’efficientamento energetico, nei prossimi dieci anni, degli edifici statali e dei presidi di sicurezza per un totale di 34 milioni di metri quadri: “Con l’efficientamento energetico delle zone terremotate lo Stato risparmierà un terzo del miliardo e cento milioni che spende ogni anno in bollette energetiche”, ha concluso Reggi.