Lavoro: contenuti offensivi nella chat aziendale

Alfa S.p.A. contro Milena, licenziata per giusta causa poiché riportava, nella chat aziendale, contenuti pesantemente offensivi nei riguardi di una superiore gerarchica e di qualche altra collega.

La Corte di Cassazione condivide la posizione della Corte di Appello di Milano, la quale era giunta alla  conclusione circa l’INUTILIZZABILITÀ del materiale probatorio, “rilevando – dopo aver accertato che l’accesso alla chat era possibile solo con l’uso di una password e che i messaggi inviati potevano essere letti solo dai destinatari – che le conversazioni litigiose costituivano una forma corrispondenza privata svolta in via riservata rispetto alla quale si impone una tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni ai sensi dell’art. 15 della Costituzione, con la conseguenza che l’accesso al contenuto delle comunicazioni è precluso agli estranei e non ne è consentita la rivelazione ed utilizzazione.

Infine, la Corte milanese ha ESCLUSO un INTENTO DENIGRATORIO ed ha ritenuto che – in ogni caso, quindi anche nell’ipotesi della loro utilizzabilità – il contenuto dei messaggio di posta elettronica e le espressioni in esse utilizzate costituissero uno sfogo della mittente, destinato ad essere letto dalla sola destinataria, privo del carattere di illiceità ed espressione della libera manifestazione del pensiero in una conversazione privata, per cui, non essendo state individuate nella contestazione altre inadempienze lavorative né contestato un uso anomalo dei beni aziendali sicché, essendo limitato l’addebito disciplinare al contenuto della conversazione ed esclusa la sua rilevanza disciplinare, doveva ritenersi comunque INSUSSISTENTE la giusta causa di licenziamento” (sentenza n. 25731 del 22.9.2021 della Sezione Lavoro).

Pertanto, il licenziamento viene annullato, con conseguente reintegro della lavoratrice.