Postare è diventato il verbo della nostra vita, soprattutto dei ragazzi. Probabilmente, se ci chiedessero qual è il nostro miglior profilo diremmo “quello Instagram” o “Twitter” o “Facebook”.

Un’indagine dell’ Osservatorio Giovani dell’istituto Giuseppe Toniolo su “Diffusione, uso, insidie dei social network”, condotta a gennaio 2017 su un campione di 2182 giovani italiani tra i 20 e i 34 anni, ci dice che della totalità di questi ultimi che usa la rete, la maggior parte è presente sui social: Facebook ne conta il 90,3 per cento, Instagram il 56,6 per cento, Twitter il 39,9 per cento.

In questo profilo social, con una media di tre ore al giorno, condividiamo principalmente foto della nostra figura, della nostra faccia. Ma cos’è che ci spinge a farlo? Ci vediamo belli e forse diversi in foto, migliori di quel che siamo nella realtà? Eliminiamo virtualmente difetti che ad “occhio nudo” sarebbero evidenti? Saremmo troppo noi?

Creiamo un altro io, un alter ego.

E il nostro ego si nutre voracemente di like, di commenti, dell’aumentare dei cosiddetti seguaci. Ci sentiamo potenti, e la cosa più triste è che ci sentiamo felici. Felici, perché maledetti numeri sul nostro amato profilo aumentano. Ci sentiamo più belli, più apprezzati, più giusti se i numeri sono alti.

Il nostro ego è così grande, che quasi automaticamente apriamo la fotocamera interna, e scattiamo. Scattiamo decine e decine di foto, e poi ci chiediamo, quasi nel panico: “E ora quale posto?”. Queste sono le decisioni difficili che dobbiamo prendere, stando attenti a fare la scelta giusta, e soddisfare questo ego, che ha sempre più fame.

Forse è una visione esagerata, e non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma l’ossessione è evidente. La necessità di creare una vetrina davanti una strada affollata in cui diventiamo manichini è malata, morbosa.

I momenti di vanto devono esserci nella vita di noi giovani: siamo l’incarnazione della bellezza, siamo come figli di Venere. Ma noi siamo anche la nostra arte, la nostra musica, la nostra scrittura, il nostro pensiero, il nostro dissenso, le nostre emozioni, la nostra opinione. E tutto ciò si crea soltanto vivendo. La paura è che sfamare questo ego porti molti a non vivere più, forse per certi versi ha già vinto. Siamo corpo, ma in qualunque modo la intendiamo, siamo anima.

E l’anima si “posta”?

 

 

Chiara M. Di Stefano