Come ogni anno, anche il 2024 è occasione di anniversari. Se si fa un salto nel passato di 100 anni troviamo ad esempio che oltre alla nascita di due grandi attori come Marcello Mastroianni o Marlon Brando nello stesso anno fu fondata la famosa casa di produzione cinematografica americana MGM e venne inaugurata la prima autostrada del mondo. Iniziarono le prime trasmissioni radiofoniche e morirono diversi famosi scrittori come Kafka e Conrad, oltre ad Eleonora Duse e Giacomo Puccini, ed avvenne il famoso delitto Matteotti che segnò un momento drammatico della storia italiana. Questo è ciò che oggi compare on line se si tenta una semplice indagine su un motore di ricerca in Italia. Se si spostano ancora più indietro le lancette del tempo di altri cento anni si finisce al 1824.
Wikipedia ci dice che in quell’anno venne eseguita per la prima volta la nona sinfonia di Beethoven, la battaglia di Ayacucho sancisce l’indipendenza del Perù dalla Spagna, Carlo X di Francia succede al fratello Luigi XVIII; Leopardi pubblica le operette morali e Jacob Berzelius identifica il boro come elemento chimico.
Di decessi importanti sempre secondo Wikipedia ce ne sono centinaia, così come le nascite illustri, ma purtroppo manca all’appello quella di Salvatore Morelli, nato il primo maggio proprio di quell’anno. Avvocato, giornalista e deputato politico italiano di idee mazziniane il cui nome purtroppo non dice molto ma che portò avanti per primo molte battaglie in favore delle donne, per la loro emancipazione e loro diritti.
Proprio 200 anni fa nasceva quindi a Carovigno in provincia di Brindisi, in terra d’Otranto, un uomo che ispirò le idee di personaggi come Victor Hugo e Stuart Mill, e che alla sua morte sarà ricordato da un giornale statunitense come “il più grande difensore dei diritti delle donne nel mondo”.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Luana Testa, psichiatra e psicoterapeuta della Cooperativa Sociale di Psicoterapia Medica di Roma. Autrice di diverse pubblicazioni in ambito psichiatrico e, recentemente, del libro “La Storia Scordata” (Albatros); testo teatrale in cui racconta della vita di diverse donne coraggiose, artiste, rivoluzionarie, che sono riuscite a dispetto dei tempi a emergere e a farsi notare negli ambienti in cui operavano. Il ricordo delle loro gesta, (dice l’autrice), si è purtroppo perso nel corso degli anni, relegandole nell’immenso dimenticatoio dove si trovano le numerose donne che hanno lottato, a volte anche a costo della vita, per far valere i propri diritti.
Dottoressa Testa, mi sembra che lei si sia spesso occupata delle biografie di persone dimenticate dalla storia come nella realizzazione recente del testo teatrale “La Storia Scordata”, come mai?
Mi sono sempre interessate le biografie dei personaggi che hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità fin dai tempi di scuola e poi negli anni mi sono molto dedicata a scoprirle, anche nell’ambito dei miei studi di psichiatria. Infatti già in una precedente pubblicazione di cui sono co-autrice, Psichiatria e psicoterapia in Italia dall’Unità ad oggi (L’asino d’oro edizioni 2016), mi ero interessata alle storie di psichiatri italiani, spesso dimenticati, artefici di intuizioni e contributi alla ricerca in ambito psichico. Da più di una decina d’anni, però, ho cominciato a scoprire sempre più storie di donne che, se pur spesso famose e molto importanti nelle loro epoche, sono state depennate dai libri di scuola. E’ nata in me la spinta a raccontarle ai giovani trovando un modo che potesse essere più seduttivo e che insieme stimolasse in loro la curiosità di approfondirne le vicende: da qui è nata l’idea del testo teatrale.
Nella ricerca delle storie di queste donne ho scoperto tuttavia che l’oblìo non riguardava solo le donne, ma anche gli uomini che in qualche modo avevano lottato in difesa delle donne. Tra questi c’è Salvatore Morelli (politico filosofo, letterato, giurista) di cui il primo Maggio ricorreranno i duecento anni dalla nascita.
Perché è importante parlare di questi personaggi del passato ed in particolare, oggi, di Salvatore Morelli? Anche la sua è forse una storia scordata?
La storia serve non solo come conoscenza del nostro passato ma come strumento per comprendere il presente, e la storia di questi personaggi straordinari, le loro grandi intuizioni, ci fanno vedere quanto sono costate certe conquiste, quanto sono state osteggiate e ci aiutano a cercare le ragioni di tanto ostracismo, i motivi storici ed ideologici che possono aver ritardato e ritardano anche oggi certi importanti traguardi. La storia di Salvatore Morelli è senza dubbio una “storia scordata” e direi scordata prima ancora di poter essere ricordata…Mi spiego. Nonostante egli, nel corso della sua esistenza, ebbe una grande risonanza all’estero, in Italia fu ignorato, sbeffeggiato, ridicolizzato e diffamato spesso da persone che non avevano nemmeno mai letto i suoi testi (anche se va riconosciuto che sia Mazzini che, soprattutto, Garibaldi lo sostennero in note ufficiali). Pensiamo che egli pubblicò nel 1861 La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, sull’emancipazione femminile ben otto anni prima del più famoso testo di Stuart Mill (La servitù delle donne) ed ebbe anche traduzioni in Inghilterra e in Francia. Alla sua morte, nel 1880 (sfiancato fisicamente dagli anni di prigionia e dalla povertà), le femministe londinesi che lo conoscevano bene (come anche quelle statunitensi) e con le quali aveva rapporti epistolari volevano erigere un monumento a lui dedicato, ma non riuscirono a realizzare il progetto mancando una ufficiale richiesta da parte del Governo italiano che lo dimenticò presto. Alcune delle sue proposte di legge non furono nemmeno lette in Aula e alcune da lui illustrate furono accompagnate da derisione ed insulti (risultano report stenografati), ma una legge porta la sua firma, la n. 4176 del 9 dicembre 1877. Si tratta della prima legge italiana sulle donne che riconobbe ad esse la capacità giuridica e il diritto di testimoniare negli atti normati dal Codice Civile.
Salvatore Morelli lanciò per primo in Europa diverse proposte di legge in favore delle donne (come il divorzio, o il nuovo diritto di famiglia) che saranno entrambi approvati solo negli anni 70 del Novecento che purtroppo non furono accolte e fini più volte in carcere per le sue idee morendo in povertà, provato fisicamente e psicologicamente dal non veder riconosciuto il proprio lavoro. La sua vita fa tornare alla mente la storia del grande medico Semmelweiss. Come mai capita così spesso nella storia che coloro che portano idee nuove non vengano capiti e ancor di più siano osteggiati, derisi o addirittura uccisi?
Lei nomina Semmelweiss e in effetti se tutti i ragazzi, non c’è dubbio, conoscono, ad esempio, Koch e Pasteur, non molti sanno dell’esistenza di Semmelweiss che diversi anni prima di loro scoprì la natura contagiosa della febbre puerperale (veicolata dagli stessi ginecologi) che falciava, tra strazianti e indicibili sofferenze, la vita di migliaia di donne puerpere. Lo stesso accadde ad un altro medico, Ettore Levi, che nel pieno della politica fascista di incremento demografico portata avanti da Mussolini per dare figli alla Patria, parlò dell’importanza di una maternità consapevole e desiderata al fine di una crescita sana della prole. Levi auspicò che le donne potessero arrivare alla maternità solo se contente e soddisfatte di sé e della propria vita e sollecitava gli scienziati a cercare validi sistemi di controllo delle nascite. Queste sue idee gli costarono il posto di direttore dell’Istituto di Igiene da lui stesso fondato e lo condussero alla depressione e al suicidio. Non solo, tante ragazze sono convinte che il Pap-test cui annualmente le donne si sottopongono per la prevenzione del micidiale cancro del collo dell’utero, prenda il nome dal papilloma virus che ne è causa. Dobbiamo invece ricordare che chi mise a punto il test fu il medico Papanicolau, di origine greca che ne ha ispirato il nome, un semplice esame citologico quanto mai efficace nella diagnosi precoce di cancro e che ha salvato milioni e milioni di donne nel mondo da sofferenze e morte prematura. Papanicolau dovette faticare parecchio, più di quindici anni (tra il1928 e il 1945), perché il mondo scientifico si fidasse dei risultati delle sue ricerche e il ritardo causò ancora tante morti tra le donne.
Ma torniamo al nostro Salvatore Morelli. Egli viveva in condizioni economiche disagiate perché i suoi beni erano stati tutti confiscati dal governo borbonico per le sue partecipazioni a manifestazioni contro il regime che gli costarono anche ben dieci anni di prigionia in quasi tutti i famigerati carceri borbonici dove subì terribili torture e anche una falsa fucilazione. Nonostante ciò, non solo non perse mai il suo entusiasmo e la sua passione nella ricerca di una giustizia sociale e nell’uguaglianza tra gli esseri umani, ma riuscì, senza mezzi e senza appoggi ad essere eletto in Parlamento (all’epoca non era prevista una indennità parlamentare) per ben quattro legislature (dal 1867 al 1880) nel collegio di Sessa Aurunca spuntandola su nomi altisonanti ed economicamente più attrezzati. Occupando gli scanni del giovane Parlamento italiano si batté principalmente per il riconoscimento alle donne di diritti pari agli uomini ma non solo. Lottò contro i metodi violenti di repressione del brigantaggio nel meridione, per l’istruzione obbligatoria per entrambi i sessi, per una riforma del sistema penale e la condizione carceraria, per la tutela dei figli illegittimi, per il divorzio e tante altre cose.
L’interesse per le donne rimane tuttavia l’argomento che più di ogni altro occupò il suo impegno politico e intellettuale. Riteneva fondamentale che le donne si emancipassero dalla sudditanza, spesso una vera e propria schiavitù, nei confronti di una società maschilista e patriarcale, convinto che questo potesse creare una umanità migliore. Per primo in Europa, nel 1867, propose una legge avanzatissima per i tempi, forse troppo per sperare che venisse approvata: “Abolizione della schiavitù domestica con la reintegrazione giuridica della donna, accordando alla donna i diritti civili e politici”.
Con le sue proposte andava ad attaccare una cultura patriarcale millenaria che ancora adesso è dura a morire. Il limite di Morelli, comprensibile se inquadrato storicamente, è stato quello di pensare che la cultura patriarcale millenaria si potesse combattere a suon di leggi, anche se devo citare una sua significativa affermazione “Il primo monumento da restaurare è l’uomo” che gli rende il merito di aver compreso l’importanza di conquistare una nuova antropologia: la sua ammirevole convinzione era intrisa di ciò che di meglio avesse potuto offrire la laicità illuminista, la passione del Romanticismo e l’amore per il progresso che caratterizzava il Positivismo, ma si è fermata davanti all’ostracismo gretto dei suoi contemporanei per lui incomprensibile.
Che legame c’è tra tutto questo e il suo lavoro, in particolare terapeutico?
Occuparmi di queste storie mi interessa, oltre che per il fascino che mi suscita la scoperta delle storie degli esseri umani che è un elemento che fa parte del mio mestiere, anche per un altro aspetto fondamentale. Il mio compito è certamente la cura del singolo individuo, ma nel corso degli anni ho capito che l’impegno di cura non poteva limitarsi a questo.
Una opposizione umana e professionale mi poneva naturalmente contro una certa cultura storica attuale che dà per scontate tante, troppe cose, che poi risultano patogene sul singolo individuo, e che sono evidenti come la violenza e la guerra. Ma c’è un’altra violenza, più subdola, perché invisibile, che non lascia segni fisici ma solo psichici, che agisce senza uccidere materialmente ma fa sparire, annulla l’altro, la sua umanità (nel senso ben descritto dallo psichiatra Massimo Fagioli).
Non potevo accettare la disumanità dell’oblio di tante donne importanti nella storia, come se metà dell’umanità non avesse contribuito al suo sviluppo se non come generatrici di altri esseri umani. Si tratta di una operazione culturale precisa, un annullamento profondo di quella parte di umanità considerata “diversa” perché non coincidente con lo stereotipo dell’uomo bianco patriarcale borghese, razzista intriso di pensiero religioso e filosofia materialista. Annullamento e oblìo che ha inevitabilmente travolto anche chi tra quegli uomini non si è appiattito su quella cultura come il nostro Salvatore Morelli a cui dovremmo restituire valore e dignità.
(In foto: frame dal video di Filippo Trojano e Lorenzo Gorini per il video musicale Signorina).
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