Per la Sicilia arrivano buone notizie dalle coltivazioni biologiche; l’Isola infatti risulta essere la prima regione italiana per numero di produttori biologici. Sono quasi otto mila e risultano il doppio dell’Emilia Romagna e addirittura il quadruplo di un’altra grande regione a vocazione agricola come la Campania. I dati diventano però assai meno confortanti quando dalla produzione di biologico si passa alla trasformazione ed al consumo degli stessi prodotti. Basti pensare che nelle grandi regioni del centro nord, dove si realizza appena un quarto della produzione biologica italiana, si concentrano invece i tre quarti dell’intero consumo nazionale. In sostanza è come dire che la Sicilia produce “biologico” e consuma “inquinato”!
Altrettanto scoraggianti sono i dati della trasformazione dei prodotti biologici. Sembra questa una storia che richiama quella del vino; per decenni la Sicilia, tra i primissimi produttori italiani di uve, ha commercializzato grandi quantità di vino sfuso e senza etichetta. Si tratta del modo migliore per fare guadagnare di più gli …. Altri! Per fortuna da almeno un decennio la Sicilia sta sbaragliando il mercato nazionale con i suoi ottimi vini ormai in gran parte etichettati.
La stessa cosa rischiamo di subire con il biologico; infatti al Sicilia, primo produttore italiano di biologico, viene letteralmente surclassata da altre regioni nella trasformazione di prodotti biologici. E così, le regioni industrializzate del nord, come Emilia Romagna, Toscana, Veneto e persino la Lombardia vantano un numero di trasformatori di prodotti biologici di gran lunga superiore a quello siciliano.
Dalla prima analisi dei dati forniti al Ministero delle Politiche Agricole, al 31 dicembre 2012, risulta che gli operatori biologici certificati sono 49.709 di cui: 40.146 produttori esclusivi; 5.597 trasformatori (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio); 3.669 che effettuano sia attività di produzione che di trasformazione; 297 operatori che effettuano attività di
importazione. Rispetto ai dati riferiti al 2011 si rileva un aumento complessivo del numero di operatori del 3%.
La distribuzione degli operatori sul territorio nazionale vede, come per gli anni passati, la Sicilia al primo posto assoluto, seguita dalla Calabria tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche; mentre per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta all’Emilia Romagna seguita da Lombardia, Toscana e Veneto.
La superficie coltivata secondo il metodo biologico, risulta pari a 1.167.362 ettari, con un aumento complessivo, rispetto all’anno precedente, del 6,4%. I principali orientamenti produttivi sono il foraggio, i cereali e i pascoli. Segue, in ordine di importanza, la superficie investita ad olivicoltura.
Per le produzioni animali, distinte sulla base delle principali specie allevate, i dati evidenziano rispetto allo scorso anno un aumento consistente, in particolare per i suini (+32,2% del numero di
capi) e per le api (+29,2% del numero di arnie).
Intanto sul fronte della domanda la crisi dei consumi sembra ancora non toccare i prodotti biologici. A testimoniarlo è l’ultima rilevazione Ismea/GFK-Eurisko che indica, nel primo quadrimestre 2013, una spesa bio ancora in espansione (+8,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
I risultati del primo quadrimestre 2013 confermano la consistente concentrazione degli acquisti di prodotti biologici su poche categorie, con le prime tre (ortofrutta fresca e trasformata, lattiero-caseari ed uova) che coprono quasi due terzi della spesa totale. In secondo luogo la notevole maggiore propensione al consumo di prodotti biologici nelle regioni settentrionali, che rappresentano da sole oltre il 73% della spesa totale bio.
Tra esportazioni e consumi interni il giro d’affari complessivo del biologico ammonta in Italia a circa 3 miliardi di euro. Un fatturato che pone l’Italia al quarto posto al livello europeo dietro Germania, Francia e Regno Unito e in sesta posizione nella classifica mondiale.
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