MILANO (ITALPRESS) – L’onda d’urto provocata dall’emergenza Covid-19 si infrange in modo violento sulle libere professioni. Nei primi sei mesi del 2020, oltre 30 mila liberi professionisti (in prevalenza donne) hanno dovuto abbandonare la propria attività a causa della crisi innescata dalla pandemia, cui si aggiungono circa 170 mila lavoratori indipendenti su una platea di oltre 1,5 milioni di lavoratori autonomi bloccati dal primo lockdown (dati fino a 3 maggio 2020).
È questa la fotografia del settore professionale che emerge dal “V Rapporto sulle libere professioni in Italia 2020”, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin, e presentato a Milano in una diretta streaming che ha visto la partecipazione di Tiziano Treu, presidente del Cnel; del viceministro dell’Economia, Antonio Misiani; del sottosegretario al Lavoro, Francesca Puglisi; del vicepresidente della Commissione Finanze della camera, Alberto Gusmeroli; del capogruppo di Forza Italia alla Camera, Maria Stella Gelmini; di Michele Gubitosa della Commissione parlamentare per la semplificazione e di Ylenja Lucaselli della Commissione Bilancio della Camera.
I settori professionali più colpiti sono quelli legati al commercio, finanza e immobiliare con un calo di quasi il 14% nel primo trimestre del 2020 e si registrano significative contrazioni anche tre le professioni dell’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%). Pesante anche il bilancio per i professionisti – datori di lavoro che nel primo trimestre del 2020 registrano una flessione del 16,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La contrazione insiste prevalentemente nel Nord Italia (-23,9%), dove scende anche il numero di liberi professionisti senza dipendenti, e nel Centro Italia (-28,3%). In netta controtendenza il Sud Italia, dove la variazione risulta invece positiva per entrambe le componenti e a crescere è soprattutto il numero di datori di lavoro (+15,9%).
Lo stato di emergenza economica dei professionisti è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari Dpcm varati durante la pandemia. Ad aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto “Cura Italia”; mentre a maggio sono quasi 5 milioni le domande dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con una percentuale di accoglimento che supera l’80%.
“L’impatto del Covid-19 sul lavoro indipendente è stato pesantissimo. Nei primi sei mesi del 2020 l’intero comparto perde circa 170 mila lavoratori, di cui 30 mila sono liberi professionisti”, commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella.
“Tale flessione va valutata tenendo d’occhio anche le dinamiche di lungo periodo. Per ragioni strutturali, nell’ultimo decennio il lavoro indipendente era già sotto pressione (-735 mila lavoratori circa), colpito da una silenziosa rivoluzione interna nei flussi di entrata e di uscita. Nelle fasce di età più giovani mancano all’appello quasi 1 milione di persone: un crollo solo in parte compensato dalle fasce di età più anziane e dai nuovi ingressi dei laureati (+372 mila), che di norma si vanno a collocare tra i liberi professionisti”, prosegue.
Con poco più di 1,4 milioni di unità, il comparto dei liberi professionisti costituisce nel 2019 oltre il 6% degli occupati in Italia e il 27% del complesso del lavoro indipendente. Secondo i dati Istat elaborati dall’Osservatorio libere professioni, si tratta di un aggregato in forte crescita: nel 2019 si contano quasi 300 mila professionisti in più rispetto al 2009 (+18%). Insieme alla categoria degli imprenditori, che conta numeri più contenuti, le libere professioni rappresentano l’unico segmento in crescita all’interno del lavoro indipendente, in tendenziale declino nell’ultimo decennio (- 730 mila unità).
I professionisti con laurea sembrano pagare meno lo scotto della crisi economica indotta dall’emergenza sanitaria e dal lockdown, i dati mostrano infatti un calo del 6% circa per i professionisti non laureati e del 2,4% per i professionisti con laurea. “Il dato è sicuramente correlato al tipo di professione svolta. A risentire maggiormente della crisi è stata l’occupazione nel commercio, che meno spesso richiede un titolo di studio universitario, anche nel caso delle libere professioni”, spiega Paolo Feltrin, curatore del Rapporto 2020.
Fin dai primi giorni dell’emergenza, Confprofessioni si è schierata in prima linea per assicurare, attraverso gli strumenti della bilateralità, interventi concreti a favore dei liberi professionisti colpiti da un’emergenza sanitaria ed economica. Le misure messe in campo hanno permesso agli studi professionali di poter proseguire, per quanto possibile, l’attività, e di sostenere la salute ed il reddito dei lavoratori in un momento di crisi. “Nei mesi del Covid-19, tra risorse erogate e risorse stanziate, il sistema Confprofessioni, di sua iniziativa, tramite l’Ente bilaterale Ebipro, ha messo a disposizione per gli studi professionali oltre 30 milioni di euro”, afferma Stella. “Il welfare che il nostro sistema ha promosso – aggiunge – ha agevolato la possibilità di mantenere aperti gli studi e dare garanzie di continuità di servizio, in sicurezza, in modo flessibile e offrendo ai lavoratori benefici per conciliare il lavoro con le esigenze familiari, anche perché i professionisti hanno affrontato l’emergenza in prima linea: in primis le professioni sanitarie, ma anche i commercialisti e i consulenti del lavoro che hanno contribuito ad assicurare l’accesso alle prestazioni emergenziali da parte delle imprese e dei lavoratori”.
(ITALPRESS).
sat/com
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