La magia del lenzuolo: intervista con Alfonso Arau, Maria Grazia Cucinotta, Anne Parillaud
In seguito a una lunghissima e non preventivata post-produzione, è finalmente approdato nelle sale (dopo un’anteprima a Taormina) L’imbroglio nel lenzuolo, coproduzione italo-spagnola (con interventi della Film Commission siciliana) girata, fra l’altro, nel palermitano dal messicano Alfoso Arau, attore (¡Tre amigos!, ma i più attenti lo riconosceranno anche qui in una comparsata) e regista (Come l’acqua per il cioccolato, Il profumo del mosto selvatico, Ho solo fatto a pezzi mia moglie).
In seguito a una lunghissima e non preventivata post-produzione, è finalmente approdato nelle sale (dopo un’anteprima a Taormina) L’imbroglio nel lenzuolo, coproduzione italo-spagnola (con interventi della Film Commission siciliana) girata, fra l’altro, nel palermitano dal messicano Alfoso Arau, attore (¡Tre amigos!, ma i più attenti lo riconosceranno anche qui in una comparsata) e regista (Come l’acqua per il cioccolato, Il profumo del mosto selvatico, Ho solo fatto a pezzi mia moglie), ispirata a un libro di Francesco Costa, sceneggiata da Chiara Clini, Romina Nardozi e Giovanna Cucinotta, e sembra che pure la sua più celebre sorella, la produttrice e protagonista (nel ruolo di Marianna) Maria Grazia Cucinotta, abbia dato una mano in tale sede. Vittorio Storaro si è occupato della fotografia, anzi cinematografia (il maestro ci tiene!), Giantito Burchiellaro delle scenografie. La storia, ambientata in un imprecisato Meridione nel 1905, riguarda un giovanotto, Federico (Primo Reggiani), che, abbandonati gli studi di medicina, con somma disperazione della madre pianista (Geraldine Chaplin) si reinventa “direttore di produzione” (allora si diceva così), cioè colui che fa “la filme” (altro termine dell’epoca); di finanziare la sua opera prima si occupano gli antitetici fratelli Pecoraro: il lubrico impresario Gennarino (Ernesto Mahieux) e la rigida Elena (Giselda Volodi), che in genere organizzano spettacoli musicali (una delle loro starlet è interpretata da Nathalie Caldonazzo). Ma il cinema, alle prime proiezioni a manovella su un lenzuolo, è ancora un’arte sconosciuta, per la sua capacità di rendere immortali il popolo non la capisce (quando addirittura non la teme) ed è pronto a screditare all’istante la povera Marianna, che vive di espedienti per mantenere sé, la sorellina e il muto Giocondo (Miguel Ángel Silvestre) in una specie di grotta: ripresa di nascosto, la donna è l’inconsapevole e “scandalosa” diva del filmato, il “biblico” La casta Susanna. Ci rimane male a sua volta l’altolocata giornalista Beatrice (Anne Parillaud), innamorata delusa di Federico e scelta in un primo tempo per la parte.
Un paio d’anni fa, a realizzazione quasi conclusa, incontrammo in conferenza stampa a Palermo regista e qualcuno degli attori per un giro di domande.
Señor Arau, come mai ha deciso di girare un film in Italia?
“Quando studiavo da regista, consideravo come punti di riferimento i grandi maestri del cinema italiano. Ho sempre avuto una predilezione per il cinema italiano, e alcuni critici di varie parti del mondo dicono che nei miei film questo si nota. Era da sempre una specie di sogno farne uno qui, in lingua italiana e con cast italiano. Ora che si è potuto realizzare, mi fa moltissimo piacere e me lo sto proprio godendo.”
Mahieux, non avrebbe voglia di un ruolo completamente positivo, ogni tanto?
“Desidererei molto portare a compimento il film sulla mia vita, dove, direi assai presuntuosamente, il mio ruolo è molto positivo. Ho dovuto sempre lottare, onestamente, senza mai barare, soprattutto con me stesso, che è il peggiore errore che possa commettere un essere umano. Comunque, qualche personaggio positivo l’ho fatto, per esempio con Maria Grazia in Vaniglia e cioccolato; neanche in Lascia perdere, Johnny! ero molto cattivo, si trattava di un prototipo… Nella vita i personaggi davvero positivi sono pochissimi! A meno che nun me fanno fa’ ’o papa…!”
Nathalie Caldonazzo, artista dalle molte attività, lei fa poco cinema…
“Sì, cinema non molto. Negli ultimi anni mi sono dedicata prevalentemente al teatro, che amo alla follia. Però ricordo che quando giravamo una scena de L’imbroglio… al Gambrinus di Napoli, mentre vedevo al pianoforte Geraldine Chaplin, alle luci Vittorio Storaro, alla macchina da presa Arau, non ho potuto fare a meno di pensare: “Questa è vita!”. Il massimo delle professionalità tutte insieme. Un’emozione grandiosa; quella del teatro è diversa, con la fatica quotidiana per convincere il pubblico. La mia è una parte piccola, ma ci ho messo tutta me stessa: grazie all’esperienza del palcoscenico (ho fatto anche un musical), ho capito al volo, senza perdite di tempo per nessuno, il personaggio di questa ballerina primadonna. Spero di meritarmi qualcosa di più importante, come questo film.”
Madame Parillaud, lei ha girato con registi del calibro di Besson, Scola, Landis… C’è rimasto qualcuno con cui vorrebbe lavorare?
“C’è un sacco di gente! Non penso in particolare a un nome, poiché insieme al regista bisogna valutare il film e il ruolo che ti offre, ma ce ne sono ancora parecchi con cui vorrei lavorare… E perfino in Paesi diversi: anche il cinema asiatico m’interesserebbe tantissimo.”
Signora Cucinotta, lei è pure produttrice di questo film e di altri, come All the Invisible Children. È un’attività che le dà soddisfazioni?
“È un’attività che in questo momento mi affascina perché mi dà la possibilità di realizzare progetti miei o di altri. È una scommessa: non è facile, però io ci sto provando mettendoci la mia tenacia di siciliana; a volte ce la faccio, a volte no.”
a cura di Massimo Arciresi
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