Traffico deviato e folla delle grandi occasioni alle ex fabbriche Sandron, nei pressi dell’aula bunker dell’Ucciardone, dove stamattina è stata inaugurata Sicilia 2.0, nome ufficiale della Leopolda siciliana.
Il deus ex machina Davide Faraone ha già fatto un piccolo miracolo, mettendo insieme i settantenni che frequentavano le segreterie di Salvo Lima e Calogero Mannino, gli ultracinquantenni accorsi alle corti di Cuffaro e Lombardo e i giovani o diversamente giovani che bazzicano la segreteria sua e quella di Beppe Lumia, il supervisor di Crocetta che canalizza “l’esuberanza” del Presidente della Regione, trattando gli affari che contano.
Un mix di generazioni che mostra chiaramente che nonostante l’evoluzione della tecniche di comunicazione globale, in Sicilia, il consenso si acquisisce sempre con gli stessi metodi.
Colpisce anche l’interessante parabola dei riferimenti culturali dalla sinistra tradizionale a quella 2.0: da Marx e Gramsci a “Lo chiamavano Trinità” di Enzo Barboni che con il nome d’arte di E.B. Glucher ha firmato il classico “spaghetti western” con Bud Spencer e Terence Hill.
Sì, perché per spiegare l’atteggiamento con cui i siciliani si sono approcciati alla politica negli ultimi decenni, Faraone ha fatto proiettare la scena iniziale del film in cui il protagonista si fa trascinare dal suo cavallo, mentre dorme beatamente in lettiga.
Per il capo indiscusso dei renziani nell’isola si deve cambiare atteggiamento: basta richieste di assistenza al governo nazionale e Crocetta deve averlo preso in parola visto che ha rinunciato a un contenzioso di circa 4 miliardi di euro che, a statuto vigente, spettavano alla Sicilia.
Bisogna rimboccarsi le maniche e produrre ricchezza, perché le vacche grasse sono finite e non si può chiedere a “mamma Regione” il latte che è finito.
Come produrre ricchezza lo si deciderà nella ventina di tavoli tematici che avranno luogo nei due giorni di convention, dove esperti di ieri e di oggi daranno le loro ricette per far ripartire l’economia siciliana: sarebbe ingiusto esprimere un pessimismo aprioristico, anche se Faraone non ha parlato della cinghia di trasmissione fra le menti pensanti e la burocrazia che dovrà rendere operativi i progetti.
Al momento attuale l’amministrazione regionale, mai particolarmente brillante per efficienza, è stata destrutturata completamente prima da Lombardo e poi da Crocetta, che hanno ristretto la cerchia da cui attingere per gli incarichi di vertice ai fedelissimi componenti di cerchi più o meno magici.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ai vecchi tempi la competenza dei Direttori riusciva a far diventare legittime operazioni più o meno banditesche; oggi anche i provvedimenti leciti e condivisibili vengono inesorabilmente bocciati per via delle procedure sballate.
Non è un caso che negli ultimi tre anni la Regione abbia perso un numero di ricorsi superiore a quello dei precedenti sessanta.
Un sassolino dalla scarpa il sottosegretario all’Istruzione se l’è voluto levare sul tema dell’antimafia “che non può essere usata a fini di lotta politica snaturandone gli obiettivi”. Già l’esordio era sintomatico, ma quando Faraone ha detto che portare in Procura tutte le carte equivale a non portarne nessuna, a Crocetta saranno fischiate le orecchie e salita la pressione arteriosa.
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