La crisi globale e la politica “mutante” che uccide il futuro

Viviamo un periodo complicato: da otto anni la crisi economica morde le società occidentali, mediamente incapaci di reggere la sfida della globalizzazione; una impalpabile cortina d’acciaio (ben più pericolosa di quella visivamente rappresentata dal muro di Berlino) sta bloccando il processo di costruzione di una società aperta e multiculturale, scatenando xenofobia da un lato e terrorismo dall’altro; l’Unione Europea ha gettato la maschera e si presenta come un moloch burocratico che tutela le lobby finanziarie a scapito dei cittadini.
In Italia stiamo anche peggio: la società è sempre più vecchia e sclerotizzata, le amministrazioni pubbliche, con qualche lodevole eccezione, sono allo sbando; il merito e la competenza sono giornalmente calpestati dall’appartenenza a clan affaristici paracriminali o a consorterie politiche parassitarie, che si alimentano del lavoro degli altri.
Come ovvia conseguenza i giovani che vogliono costruirsi un futuro, non possono che lasciare la loro terra riproducendo un fenomeno di emigrazione che, contrariamente al secolo scorso, riguarda la parte più qualificata della nostra società.
Restano solo, con le lodevoli eccezioni di cui sopra, i figli del sistema che andranno a dequalificare ulteriormente la classe dirigente e coloro che, non avendo strumenti culturali ed economici, andranno ad ingrossare le file degli sfruttati e degli emarginati.
Il capitalismo, che ha vinto la lotta politica ed economica con il comunismo, si è suicidato perdendo la sua componente etica che era il vero motore dello sviluppo.
Non c’è da meravigliarsi quindi che anche la politica attraversi una crisi profonda: quando declina l’ideologia resta solo il dio denaro e per le lobby finanziarie è un gioco prendere il sopravvento.
Anche qui, in Italia stiamo peggio: da Tangentopoli in poi la politica ha mostrato il suo volto peggiore, chiudendosi a riccio in un fortino di squallida mediocrità che allontana le persone per bene, in un inarrestabile circolo vizioso.
C’era una volta il Partito Comunista della superiorità morale di Berlinguer: i suoi epigoni, nelle varie mutazioni che hanno portato all’attuale Partito Democratico, hanno prima svuotato di significato le parole “morale” e “legalità” e, adesso, le usano come armi improprie per sbarazzarsi degli avversari fastidiosi, cooptando quelli che non riescono a sopraffare.
Centrodestra e centrosinistra (o conservatori e progressisti, se preferite) sono i volti che il potere economico assume, a seconda che si tratti di gestire i periodi di crescita o di imporre sacrifici.
Forse sarà l’età che avanza, o i tagliagole dell’ISIS alle porte di casa o anche, perché no, i piloti depressi che bruciano 150 vite per suicidarsi: ma questi mediocri farisei che popolano le stanze del potere, non riusciamo più a sopportarli.